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 2015  gennaio 20 Martedì calendario

Giovedì della prossima settimana si comincia a votare per il successore di Napolitano e pare che il Pd ci arriverà spaccato, se non addirittura squagliato

Giovedì della prossima settimana si comincia a votare per il successore di Napolitano e pare che il Pd ci arriverà spaccato, se non addirittura squagliato. La prova generale dell’eventuale massacro avverrà sulla legge elettorale, che Renzi vuole approvata prima delle elezioni presidenziali (si comincia martedì in Senato). I suoi avversari nel Pd sembrano decisi al sabotaggio. O comunque a tirare fino alle estreme conseguenze il dissenso. Nascerebbe una nuova formazione a sinistra, destinata a gemellarsi-fondersi con Sel, Vendola ha già indicato il leader del nuovo partito, e cioè Sergio Cofferati. Lo stesso Vendola, accompagnato da Civati, è adesso ad Atene a seguire da vicino la scalata di Tsipras al potere, che dovrebbe perfezionarsi domenica prossima con la vittoria di Syriza alle elezioni politiche greche. Per i nostri una specie di sogno: i vendoliani greci valevano il 4% un paio d’anni fa e adesso stanno di poco sotto al 30.

Come si materializzerà, concretamente, l’opposizione a Renzi dei democratici più radicali?
Il bersaniano Michele Gotor (ma sarà ancora bersaniano?) ha presentato un emendamento, sottoscritto da 36 democratici, in cui si demolisce il meccanismo dei capilista bloccati. In pratica, l’Italicum prevede il voto di preferenza, ma permette che i capilista, invece, siano bloccati, cioè il primo nome scritto sulla lista viene votato comunque quando si mette la X sul simbolo del partito. E lo stesso nome può essere ripetuto dieci volte. Si tratta certamente di una porcheriola, che andava evitata non  cedendo alla scelta demagogica di reintrodurre le preferenze (foriere di voti controllati, e controllati da mafia e camorra, e infatti abrogate dagli stessi italiani in un referendum di vent’anni fa). Ma insomma: la discussione vera non è sul merito delle varie tecnicalità, ma sul potere. Renzi comanda, e quegli altri vogliono impedirglielo e comandar loro. I sondaggi per il premier-segretario sono in calo e questo alla sinistra Pd dà fiato. La vicenda Cofferati – altra porcheriola – è arrivata per costoro come il cacio sui maccheroni. Prima che lei mi chieda di riassumere la vicenda Cofferati, la avverto comunque che la sinistra Pd è già in polemica con se stessa. Sei firmatari dell’emendamento Gotor, non appoggeranno poi in Senati lo stesso emendamento che hanno sottoscritto. La capogruppo di Sel al Comune di Bologna, Cathy La Torre, ha fatto sapere a Vendola che Cofferati è stato il peggior sindaco della città di tutto il dopoguerra, a parte (a suo dire) il destro Guazzaloca. Ne vedremo delle belle.  

Perché non mi fa il riassunto del caso Cofferati?
Cofferati s’era presentato alle primarie del Pd per le elezioni regionali liguri. Il suo avversario era una signora di nome Raffaella Paita. Costei (che sarebbe emanazione di Burlando e pronta a fare un governo di larghe intese con Scajola e gli altri berlusconiani) ha convogliato ai seggi una valanga di elettori di centro-destra e di cinesi o africani pagati un tanto a voto. Cofferati ha avvertito inutilmente la segreteria nazionale di quello che stava succedendo, poi, a schede sciorinate, ha elevato vibratissima protesta, a cui è stato risposto invalidando il voto in tredici seggi, ma non annullando la consultazione, e quindi confermando l’eliminazione dell’ingombrante ex sindaco di Bologna. La procura di Savona ha aperto un’inchiesta, è scesa in campo la Direzione distrettuale antimafia, ma Renzi se n’è curato assai poco. Allora Cofferati s’è dimesso dal partito. Qualunque cosa si pensi di lui, è un gesto di svolta: l’ex capo della Cgil è tra i fondatori del Pd (Renzi no) e fu capace a suo tempo di organizzare una manifestazione da tre milioni di persone (il numero tre milioni è di fonte democratica). Quindi, se vogliamo, la frattura tra le due anime del partito è già avvenuta, e Fassina ha detto che il caso Cofferati avrà conseguenze sul voto per il Quirinale.  

In che modo?
Si potrebbe formare un asse sinistra Pd-Cinquestelle-Sel-cani sciolti che nei primi tre turni potrebbe votare un candidato sgradito a Renzi, ma non impossibile per il Pd. Qualcosa come Prodi. Mettiamo che nei primi tre colpi questo similProdi arrivi a 500 voti. Come farlo fuori alla quarta votazione, quando di voti ne basteranno 505? Questo, ammesso che Renzi-Prodi-Berlusconi non abbiano già stretto un patto segreto, che preveda il professore bolognese al soglio e la riabilitazione del signore di Arcore (ex articolo 19bis). In questo caso, Renzi sgominerebbe il suo nemico interno candidando Prodi (il suo Prodi) al primo colpo e facendolo eleggere con i voti di Forza Italia. La sinistra Pd risulterebbe sonoramente sconfitta attraverso la vittoria del suo candidato.  

Berlusconi voterebbe Prodi?
Berlusconi vedrà Renzi stamattina. Ieri ha discusso con i senatori, oggi pomeriggio andrà a una verifica con i deputati. Lui e Alfano reclamano un presidente della Repubblica espressione del centro-destra, qualcosa come Casini o simili. Una posizione che sembra giocare soprattutto a favore di Amato, le cui quotazioni sono in ascesa. Ma dietro l’angolo, non dimentichiamolo, c’è Prodi.