la Repubblica, 19 gennaio 2015
Abolire la mancia. C’è chi sostiene che sia una pratica che offende sia i lavoratori che i clienti e ci sono i ristoratori che non sono d’accordo. Non tutti sanno che i camerieri americani, non ricevendo uno stipendio vero e proprio, si aspettano una mancia del 30 per cento se il servizio è eccellente e del 20 per un servizio decente, mentre, per una cena disastrosa, si accontentano del 15
Il giovane afro-americano, che di giorno sogna i trionfi a Broadway e di sera si guadagna la pagnotta come cameriere, torna al tavolo e chiede con tono un po’ arrogante: «C’è qualcosa che non andava nel modo in cui vi ho servito? Perché mi avete lasciato meno del 10 per cento di mancia?». I clienti milanesi della steakhouse nel centro di Manhattan appaiono sorpresi, imbarazzati, irritati: ma la stessa scena si ripete mille volte nei ristoranti americani frequentati da turisti. Non tutti sanno, infatti, che i camerieri d’oltreoceano, non ricevendo uno stipendio vero e proprio, si aspettano una mancia del 30 per cento se il servizio è eccellente e del 20 per un servizio decente, mentre, per una cena disastrosa, si “accontentano” del 15.
«Ma bisogna smetterla una volta per tutte con questa cultura degradante delle mance», ha tuonato ieri il Times di Londra: «Perché offende sia i lavoratori che i clienti. Perché si traduce in atti di sottomissione e a volte quasi di estorsione. Perché, in un mondo che chiede sempre più trasparenza, sembra un retaggio dell’era della corruzione generalizzata». La soluzione? Una rivolta generalizzata anti-mance, di cui si vedrebbero già i primi segnali, secondo il quotidiano londinese, nella culla stessa del “tipping”: cioè negli Stati Uniti. Alcuni famosi ristoranti di San Francisco, ad esempio, come il Comal, l’Agricole e il Trou Normand, hanno già messo al bando le mance (e alzato i prezzi).
«La campana delle mance sta suonando a morto», conferma da New York la Baum & Whiteman, la più celebre società di consulenza per ristoranti che, pubblicando il nuovo rapporto sui “trend per il 2015”, parla della nascita di «un movimento di protesta forse irreversibile». Le ragioni? Dalle norme di autorità comunali che impongono ai locali di pagare il salario minimo ai camerieri, a prescindere dalle mance che ricevono, alle class action avviate dai lavoratori sfruttati; dal giro di vite del fisco americano (anche perché il 40 per cento delle mance non viene dichiarato), alla diffusione dei locali in cui si paga tutto in anticipo, compresa la mancia; dalla frustrazione dei camerieri neri, che ricevono mance inferiori del 20 per cento di quelle dei colleghi bianchi, all’insofferenza crescente dei viaggiatori internazionali.
Intendiamoci: a differenza di altri paesi, negli Stati Uniti c’è l’abitudine – e a volte persino il “piacere” – di dare una mancia. Ci sono libri dedicati all’argomento, come Tipping for success e The art of tipping. Esiste un sito ad hoc con i consigli sul bon ton e le percentuali considerate “normali” (www.tipping.org). Di sicuro un esercito di lavoratori, specie nel settore turistico e dei servizi, si aspetta una ricompensa: baristi, guardarobiere, tassisti, guide, portieri. E spesso, se si lascia poco o nulla sul piattino, o non si infilano 5 dollari nelle mani del bellboy, nascono polemiche antipatiche.
Non è sempre stato così. Un secolo fa le mance erano considerate una aberrazione per una società che voleva essere egualitaria e democratica. E gli stessi proprietari dei locali erano diffidenti, perché temevano che potesse rappresentare una forma di pagamento per qualcosa di illecito. Ma il proibizionismo, sottraendo fonti di reddito ai ristoranti, che si rivalsero sui camerieri, aprì la strada alle mance: che erano un modo per compensare la diminuzione dei salari e che poi si diffusero in altre categorie.
Certo, la cultura delle mance non riguarda tutti i settori: tanto meno gli impiegati pubblici, cui è ovviamente proibito ricevere bustarelle. Comunque il vero banco di prova della rivolta anti-mance riguarderà la ristorazione, anche perché ai proprietari sta bene il sistema attuale, in cui non pagano uno stipendio vero e proprio ai camerieri, e quindi faranno di tutto per opporsi alla “rivoluzione”.