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 2015  gennaio 19 Lunedì calendario

Ecco perché il successore di Napolitano sarà eletto solo il 29 gennaio e non prima, anche se la Costituzione dà un massimo di 15 giorni ma non un minimo

Sono tre, oltre Giorgio Napolitano nel suo secondo mandato, i presidenti della Repubblica che hanno interrotto con sostanziale anticipo il mandato al Quirinale. Un imprevisto bloccò il settennato di Antonio Segni (l’impedimento, dopo l’ictus che lo colpì all’inizio di agosto, fu giudicato permanente il 6 dicembre del 1964): il 9 dicembre, il presidente della Camera Bucciarelli Ducci convocò la seduta comune per il 16 dicembre. Decisione lampo anche in seguito alle dimissioni di Giovanni Leone del 15 giugno 1978: Pietro Ingrao già il 19 giugno convoca la seduta comune per il 29 giugno 1978. Infine Francesco Cossiga dimessosi il 28 aprile 1992. Oscar Luigi Scalfaro, che lo sostituirà al Quirinale, da presidente della Camera il 30 aprile convoca i grandi elettori per il 13 maggio.
Ma perché, come nel caso delle dimissioni di Napolitano, possono trascorrere anche 15 giorni tra il momento in cui la sede del Quirinale riamane vacante per un imprevisto e la convocazione dei grandi elettori? Stavolta la prassi e la lettera della Costituzione rispettate dalla presidente Laura Boldrini coincidono con il cronoprogramma del governo che per il 29 gennaio intende approvare legge elettorale e riforma del Senato. Ma si poteva votare prima per eleggere il successore di Napolitano?
Già dal ’48 la Costituzione (pur non esistendo allora le Regioni create poi nel 1970) prevede «i tre delegati per ogni Regione» tra i grandi elettori, i 30 giorni di preavviso in caso di scadenza naturale e i 15 giorni come periodo massimo per convocare il Parlamento in caso di impedimento, morte o dimissioni del presidente: «Il presidente della Camera dei deputati indice la elezione... entro quindici giorni...».
Per il costituzionalista Augusto Barbera, dunque, la risposta è affermativa: «Sì, in teoria, si poteva votare prima. I 15 giorni, ovviamente, servono per consentire alle assemblee regionali di votare i delegati da inviare a Roma ma la Costituzione dà un termine massimo e non uno minimo. Per cui sarebbe stato meglio scrivere, per esempio, “a partire dal 10° giorno e non oltre il 15°”».
Tuttavia, i 15 giorni compresi tra le dimissioni di Napolitano 14 gennaio) e la convocazione dei grandi elettori (29 gennaio) ora rischiano di innescare un boomerang per Matteo Renzi che fatica a portare a casa le due riforme e che deve affrontare continue emergenze nel Pd. Eppure, spiega Pino Pisicchio (gruppo Misto), «queste due settimane servono pure per ragionare sulle candidature». Conferma il costituzionalista Francesco Clementi: «La presidente Boldrini non ha inteso favorire il governo. Ha solo applicato la Costituzione».