Corriere della Sera, 19 gennaio 2015
Il presidente della Banca Centrale Svizzera toglie il tetto del cambio 1 a 1 tra franco ed euro per diminuire i rischi del Qe di Draghi, ma turismo ed export si allarmano: «Un’azienda industriale su cinque è a rischio»
Se c’è Mr. franco (svizzero), c’è anche Lady franco. Lui, il presidente della banca centrale elvetica Thomas Jordan, giovedì ha tolto il freno all’apprezzamento della moneta nazionale. Lei, il ministro delle Finanze Eveline Widmer-Schlumpf, ieri lo ha difeso. E ha anche fatto qualche pronostico per il mercato dei cambi. «Jordan ha la nostra piena fiducia», ha detto in un’intervista alla testata Schweiz am Sonntag Widmer-Schlumpf, per cui la Banca nazionale svizzera «è indipendente e ha dovuto tenere il numero di persone informate al minimo». Secondo il ministro (che non esclude un taglio delle tasse) le società e industrie svizzere sono in grado di fare i conti con un franco a 1,1 sull’euro: un livello su cui potrebbero stabilizzarsi le quotazioni. La previsione viaggia quindi a metà strada tra il cambio di 1,20, garantito fino alla settimana scorsa dalla soglia poi abolita dalla banca centrale, e la sostanziale parità «uno a uno» stabilità dai mercati alla chiusura di venerdì.
Ma che cosa succederà questa settimana, con la riapertura delle contrattazioni di oggi e le decisioni della Banca centrale europea, che giovedì potrebbe lanciare un nuovo programma di allentamento monetario e alleggerire così ulteriormente l’euro? Se gli scenari degli economisti sono diversi, quel che è certo è che le banche elvetiche stanno cercando di adeguarsi. Credit Suisse farà pagare le grandi aziende e i fondi pensioni per i loro depositi, con l’annuncio di una commissione arrivata dopo la decisione della banca centrale di introdurre tassi negativi (-0,75 per cento) sui propri conti. Intanto, in Svizzera come all’estero, diversi istituti, fondi e broker stanno facendo i conti con le perdite dovute all’improvvisa e imprevedibile impennata del franco della settimana scorsa.
E al di là della finanza? Contro la mossa della banca centrale cresce la polemica dell’industria esportatrice e del turismo. «I telefoni hanno smesso di suonare», ha detto il direttore di Svizzera Turismo Juerg Schmid a «Le Matin Dimanche». «Un’azienda industriale su cinque è a rischio», ha aggiunto Hans Hess, presidente dell’associazione di imprese Swissmem, in un’intervista alla NZZ am Sonntag.
Alla stessa testata ha parlato anche Nick Hayek, l’amministratore delegato di Swatch. I profitti del gruppo, ha detto, sconteranno il rialzo del franco perché l’azienda dei famosi orologi non intende «trasferire automaticamente le fluttuazioni valutarie ai clienti», lasciando così intendere che il listino prezzi, convertito in euro, non dovrebbe subire ritocchi rilevanti. Secondo il manager, gli investimenti del gruppo non dipenderanno dal cambio del franco, ma l’azienda potrà ricorrere all’acquisto di macchinari all’estero anziché in Svizzera. Anche alcuni piccoli negozi hanno deciso di non seguire i mercati valutari e di accettare in pagamento euro al vecchio cambio di 1,20. Resta ora da vedere quanto potranno resistere.