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 2015  gennaio 19 Lunedì calendario

Li abbiamo visti intervenire a Parigi per fermare i fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly: le teste di cuoio arrivano sempre quando il gioco si fa più duro. Chi sono, quanti sono e come operano. «Il nostro lavoro inizia e termina con le emergenze: obiettivi armati asserragliati in casa, prese di ostaggi, arresto di superlatitanti. Partecipare a un assalto è una sensazione unica»

Durante gli assedi parigini ai fratelli Kouachi e al supermercato Kosher dove si era asserragliato Amedy Coulibaly tutto il mondo li ha visti all’opera: in un mare di 98 mila agenti, le teste di cuoio francesi erano in prima linea. Sono state loro a realizzare gli assalti, sono sempre loro a guidare i blitz più rischiosi. E, dopo la strage di Charlie Hebdo, anche il Nucleo operativo centrale di sicurezza, meglio conosciuto come Nocs, è in stato d’allerta. In caso di attentati terroristici con presa di ostaggi è questo corpo speciale della Polizia (insieme al corrispettivo militare, i Gis) che viene impiegato. “Questa mattina abbiamo fatto un briefing sulla sicurezza nella Capitale. Certo, in Italia e perfino nella sola Roma gli obiettivi potenziali sono innumerevoli: i monumenti simbolo della cristianità, le ambasciate, i 1500 McDonald’s. È impossibile monitorare tutto, ma noi siamo pronti a intervenire ovunque”, spiega il comandante del reparto, Andrea Mainardi.
Capire su che scenari si addestrano, aiuta comunque a intuire quali siano le situazioni più a rischio. A cominciare dai mezzi di trasporto. I Nocs nascono per volere dell’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, nel 1977. L’esigenza di munirsi di unità d’assalto però viene da più lontano, più precisamente dal 1972, durante le olimpiadi di Monaco. Quando, è la notte tra il 5 e il 6 settembre, un gruppo di fedayn palestinesi fa irruzione nel villaggio olimpico e sequestra 11 atleti israeliani. “Tel Aviv, unico governo già munito di unità d’assalto, propone a Bonn di inviare i propri Yamam per liberare gli ostaggi. I tedeschi rifiutano, il blitz si conclude in un disastro, e tutta l’Europa capisce che è ora di dotarsi di questi reparti speciali”, prosegue Mainardi. E l’Italia, nella morsa dei terrorismi sia rosso che nero, non può che adeguarsi. Ancora oggi, camminando per i corridoi del centro di addestramento nazionale di Spinaceto, nella periferia ovest di Roma, i Nocs esibiscono i feticci di quell’epoca.
Su tutti, la bandiera delle Brigate Rosse sequestrata nel covo dov’era tenuto in ostaggio il generale James Lee Dozier. È la prima operazione di successo. Dal sequestro Bernardinelli a quello Soffiantini, ne seguiranno molte altre. Oggi i Nocs stanno vivendo una metamorfosi, la quarta della loro breve storia. Nati come reparto antiterrorismo, negli anni ’80 si concentrano sui sequestri. Dagli anni ’90 si riorientano sulla criminalità organizzata. Oggi, forse, toccherà concentrarsi sul terrorismo di matrice islamica. “In primavera ci incontreremo con le teste di cuoio di tutta Europa per analizzare quanto accaduto a Parigi. E come reagire di fronte a nuovi attacchi”, spiega il comandante. Composto da 130 effettivi, tra cui anche una donna, il reparto dei Nocs non svolge né attività investigativa, né funzioni da Polizia giudiziaria. “Il nostro lavoro inizia e termina con le emergenze: obiettivi armati asserragliati in casa, prese di ostaggi, arresto di superlatitanti. È un lavoro adrenalinico”. Per ogni blitz la lista di priorità è chiara. Nell’ordine, proteggere la vita degli eventuali ostaggi, preservare quella degli agenti, prendere gli obiettivi ancora in vita. Ad autorizzare l’intervento dei Nocs è il capo della Polizia in persona. Quando arrivano sul luogo (“via terra, in elicottero o in aereo, siamo in grado di raggiungere tutto il territorio nazionale in un’ora”), sono loro a prendere il comando delle operazioni. Ognuno ha la sua specialità: ci sono i sommozzatori e i paracadutisti, i breacher che con esplosivi ad acqua sono in grado di abbattere porte e muri, e i cecchini. Trascorrono due terzi del tempo ad esercitarsi per funzionare come un corpo solo, muovendosi all’unisono. Tutti, tranne uno. L’eccezione è il mediatore. “Quando il suo lavoro riesce, il resto del corpo non interviene. Quando la mediazione fallisce, entra in azione la squadra”, spiega Mainardi. Il mediatore fa parte dei Nocs, ma è un corpo alieno al resto del reparto durante l’assalto: lui deve cercare un contatto, un’empatia con l’obiettivo, “la squadra d’assalto no”.
E formare i nostri mediatori, non è semplice: “I corsi li tengono l’Fbi e Scotland Yard. Spesso la strategia è prendere l’obiettivo per sfinimento”. Ma c’è un tipo di formazione ancora più complessa, quello delle tre unità cinofile. “Sono pastori belgi o tedeschi. Devono essere leggeri, perché vengono trasportati a spalla o imbracati in elicottero. Addestrare un cane è molto impegnativo”. Entrano in azione solo in assenza di ostaggi ed è sempre necessaria l’autorizzazione del magistrato perché “sono armi d’assalto”, conclude Mainardi. Una caratteristica comune a molti agenti dei Nocs è il passato da atleti. Ci sono rugbisti, schermidori, nuotatori e “anche un ex olimpionico di canoa”. Per entrare a far parte del corpo, il bando è riservato agli agenti di Polizia sotto i 31 anni, è necessario superare una severa selezione fisica. Correre i 5000 metri in 20 minuti e 100 metri in 14 secondi, nuotare 100 metri, raggiungere i 135 centimetri nel salto in alto e i 4 metri e mezzo nel salto in lungo. “Ci alleniamo due volte al giorno, anche a riposo”, spiega un agente. Dopo le selezioni psicofisiche arriva un corso di addestramento che dura sei mesi: solo il 10 per cento dei partecipanti lo porta a termine. A quel punto si è pronti per l’azione: in realtà solo 4 o 5 interventi l’anno, e tantissimo addestramento: judo, pugilato, karate, lotta, pesi, oltre alle prove balistiche. Le esercitazioni nella “città fantasma” di Spinaceto, un complesso che replica un’architettura urbana e quelle speciali, come gli assalti sui traghetti e i treni in corsa. “Quando ci chiamano c’è la gara per partecipare. Sono uomini alfa alfa, dediti all’azione”, spiega Mainardi. Stipendio e indennità non sono molto maggiori rispetto agli agenti, ma ogni testa di cuoio ripete la stessa cosa. “Facciamo questo lavoro non per i soldi, ma per la grandissima passione. Partecipare a un assalto è una sensazione unica”.