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 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

Franco Bechis di Libero è entrato senza problemi dentro la basilica di San Pietro con un coltellaccio in tasca. Malgrado la massima allerta per potenziali attentati islamici, i varchi sono poco presidiati e i metal detector non rivelano le lame. Portare armi in chiesa è possibile per chiunque

Sono entrato nella basilica di San Pietro con un coltello da cucina, con una lama affilatissima in ceramica, simile a quello che nell’ultimo anno è stato utilizzato a Ragusa, Vibonati e Napoli in altrettanti omicidi e a Roma per un tentato omicidio.
Il coltello, acquistato in un negozio di casalinghi della zona, ha passato i controlli di sicurezza verso le ore 18 di martedì 13 gennaio, e non è stato rilevato dagli agenti di polizia che vigilavano sui due varchi aperti per gestire il flusso (a quell’ora ridotto) di turisti che ancora volevano visitare la basilica di San Pietro.
Il coltello, con la relativa fodera per non ferirsi, era all’interno della mia giacca, e l’ho tirato fuori e filmato in un video (disponibile su www.liberoquotidiano.it) all’interno della basilica, cercando di farlo al riparo degli occhi dei turisti per non creare panico e un inutile allarme all’interno di un luogo di culto così rilevante. Ma certo la possibilità di introdurre così facilmente un oggetto tagliente che potrebbe essere utilizzato come arma dal primo pazzo di turno non è rassicurante. Come non lo è il sistema dei controlli in atto a piazza San Pietro a pochi giorni dalla strage di Parigi, dalle minacce diffuse dall’Isis anche con un video che ipotizzava un prossimo attacco a San Pietro, e dagli allarmi lanciati all’Italia sia dai servizi segreti di alcuni paesi arabi che da quelli israeliani su Roma e il Vaticano nel mirino dei terroristi islamici.
Ero andato a San Pietro di primo pomeriggio proprio per vedere e filmare per Libero l’eventuale innalzamento del livello di sicurezza e protezione, che nella zona è gestito congiuntamente dal ministero dell’Interno italiano (che vigila su piazza San Pietro, filtra gli accessi alla Basilica e controlla le strade limitrofe) e dalla gendarmeria vaticana (che ha un presidio in piazza accanto al presepe e controlla insieme alle guardie svizzere i varchi per accedere al minuscolo Stato).
Proprio il giorno precedente un filmato andato in onda a Piazza pulita su La7 aveva testimoniato la gestione un po’ grottesca della sicurezza, scovando perfino due manichini travestiti da poliziotti italiani che avrebbero dovuto fungere da “spaventapasseri” per eventuali malintenzionati. I manichini martedì pomeriggio non c’erano più, probabilmente ritirati dopo l’incredibile scoperta. Sulle strade limitrofe a piazza San Pietro si notava invece una presenza più massiccia del solito di agenti di polizia e di carabinieri, pur senza alcuna tensione particolare. Ne ho visto un gruppetto di 6 o 7 scherzare amabilmente su via di Porta Angelica, fra porta Sant’Anna e il colonnato della piazza, offrendo gentilmente ai turisti che passavano qualche informazione.
Una macchina della polizia era ferma all’ingresso della piazza al fondo di via della Conciliazione, e aveva due blindati dei carabinieri in sosta alle spalle. All’interno della piazza girava in continuazione un’auto della polizia con due agenti a bordo. C’erano anche numerose telecamere che seguivano il colonnato di San Pietro, ma sono quelle che si utilizzano durante le riprese delle celebrazioni (ne ho contate una decina) e anche avvicinandole con il teleobiettivo sembravano fisse e spente.
Per girare immagini della piazza dall’alto del sagrato di San Pietro mi sono messo in fila per passare ai due varchi di polizia italiana che in quel momento erano aperti. Avevo numerosi oggetti addosso, comprese tre telecamere (due Go Pro, di cui una dotata di bastone di supporto e una Sony), che ho infilato prima di passare ai varchi nelle ampie tasche della giaccavento che indossavo. Come accade negli aeroporti, ho infilato tutti gli oggetti metallici che avevo addosso (dalle chiavi ai telefonini, passando per penne e occhiali) nelle ampie tasche della giaccavento e ho fatto passare il tutto sui banchi a rulli che passavano ai raggi x, mentre io varcavo i raggi per i pedoni senza che nessun allarme suonasse.
Solo dopo essere passato dall’altra parte mi è venuto in mente che in una tasca della giacca, dentro una custodia metallica avevo anche un coltellino multi-uso portachiavi che però nessuno ha notato ai controlli. Mi sono voltato aspettandomi di essere fermato, e invece nulla: due addetti alla sicurezza stavano discutendo fra loro mentre passavano le immagini che venivano dal rullo. Sono entrato così in basilica, ho girato dentro e fuori le immagini che mi servivano e sono uscito. Poteva trattarsi di un caso fortuito il passaggio di quel coltellino, comunque incapace di offendere chicchessia. Ma la scarsità di controlli sperimentata mi ha convinto a provare qualcosa di più rischioso, per testimoniare ai lettori e naviganti di Libero l’effettiva sicurezza esistente in uno dei luoghi-obiettivo di questi giorni.
Sono andato a comprare il coltello da cucina con la lama in ceramica ricordandomi come Massimo Lugli – un collega di Repubblica – fece lo stesso tentativo agli aeroporti di Fiumicino e di Linate proprio all’indomani della stretta sui controlli del 2006-2007. Il coltello allora passò, e si stabilì che da quel momento avrebbero dovuto essere prodotti comunque con polvere metallica inserita fra manico e ceramica, in modo da essere rilevati dai metal detector. Mi sono infilato il coltello nella tasca della giacca, ho nascosto il coltellino che l’aveva fatta franca al primo giro dietro una palizzata (dove l’avrei ritrovato mezz’ora dopo) e mi sono ripresentato ai varchi. Erano cambiati i poliziotti di vigilanza, e non c’era più coda: con me solo un sacerdote italiano. L’agente ai controlli mi ha fatto cenno di passare al varco pedonale. Gli ho fatto presente di avere indosso molti oggetti metallici. Allora mi ha fatto passare di nuovo la giaccavento sui rulli. All’interno della giacca però avevo ancora molte cose: quando sono passato ai raggi pedonali, è suonato l’allarme. Ho tolto prima un telefonino, e sono passato. Ma suonava ancora. Poi il registratore, poi gli occhiali, una penna, un astuccio, una pila, una mini Go pro e ripetuto quattro – cinque volte il passaggio ai varchi. All’ultimo restava il coltello, che mi sono ben guardato dal tirare via. Passo ai varchi e l’agente mi dice: «Ecco, questa volta ha poco ferro, va bene». Faccio qualche passo, prendo la giaccavento e ricompongo la mercanzia. L’agente mi ferma di nuovo, e mi corre un brivido... Lui però ce l’ha con la videocamera: «Mi spiace, quella non la può usare, in questi giorni è vietato girare immagini della piazza». Protesto, e indico tutti i turisti che lo stanno facendo in quel momento. Lui non sente ragioni: «Usano i telefonini. La telecamera deve essere autorizzata». Gli dico che avevo chiesto di salire sul sagrato e filmare dall’altra parte della piazza a una guardia svizzera (è vero), e che gentilmente mi aveva detto di entrare dai varchi di sicurezza e che poi potevo farlo. «Poteva dirlo subito», mi replica il burbero agente, «allora aveva l’autorizzazione della guardia svizzera per la telecamera...». Rispondo secco: «Sì, certo». E mi incammino tenendo stretto il coltello da cucina verso la basilica.