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 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

Tutti in coda dall’alba alle edicole per comprare Charlie Hebdo. Il clamoroso successo del settimanale satirico, che vende 5 milioni di copie. Su eBay la rivista scambiata per migliaia di euro. E Air France lo distribuisce sugli aerei

Charlie Hebdo non è morto, come speravano i fratelli Kouachi. Ma di sicuro è esaurito: già alle 5 e mezza di ieri mattina, nelle edicole degli aeroporti parigini. Ed entro le due o tre ore successive non c’era più una copia disponibile nel resto della Francia. Un edicolante di Pigalle si è spaventato quando ha visto cento persone piantonare all’alba la sua rivendita e, conscio di non aver copie per tutti, ha preferito rinviare l’apertura per attendere la dispersione spontanea della folla e scongiurare risse. In Italia il numero del dopo tragedia, abbinato a Il Fatto Quotidiano, era già irreperibile dopo le 7 e 30.
«Se possiamo far rivivere la carta e i chioschi di giornali, e tramite loro Charlie Hebdo, allora abbiamo vinto», si è rallegrato Luz, autore della copertina del Maometto triste, che sarà stampata in 5 milioni e 370 mila esemplari. Ieri ne era arrivata un’avanguardia di «appena» 700 mila copie ai giornalai scatenando l’isteria da accaparramento. Crolla il record di France-Soir, che aveva tirato 2 milioni e 300 mila copie alla morte del generale de Gaulle. Una pensionata in coda giurava di voler fare incetta per solidarietà verso i caricaturisti assassinati. Ma non tutti erano animati da elevati sentimenti: poche ore dopo le prime copie erano già all’asta su eBay, con altri vecchi numeri, a prezzi oscillanti tra i 300 e i 130.000 euro (250.000 per il numero 1 del 23 settembre 1970). «Un comportamento indecente», si è indignata la segreteria di Reporters sans Frontières. Ma anche un dubbio investimento per gli acquirenti: i camion faranno per giorni la spola tra la tipografia e i chioschi francesi rifornendoli di copie a tre euro l’una, e già oggi le quotazioni crolleranno.
L’Istituto nazionale della proprietà intellettuale ha rifiutato di registrare il marchio «Je suis Charlie» che una cinquantina di azienda cercava di assicurarsi. «Attenzione ai crotali che fanno collette a nome nostro – avverte l’articolista Patrick Pelloux —. Meglio abbonarsi». E in effetti le sottoscrizioni sono passate da 10 mila a 120 mila. Charlie Hebdo ora cerca casa. «Non torneremo nella vecchia redazione», informa l’avvocato Richard Malka. Le Monde offre dei locali, ma occorre soddisfare i requisiti di sicurezza. Non tutti hanno perdonato.
«Insultante – è il commento del Gran Muftì di Gerusalemme riferito alla caricatura del Profeta – così si offendono due miliardi di musulmani». Stessa reazione dall’Iran, mentre in Turchia sono stati bloccati i siti che riproducono la vignetta di Luz, ma non (per ora) il quotidiano d’opposizione Cumhuriyet che ha pubblicato quattro pagine delle 16 del nuovo Charlie, bandito però dal Senegal (con Libération ). Negli Usa si discute la decisione del New York Times e della Cnn di non mostrare il disegno di Luz, per rispetto al pubblico musulmano. Scelta sbagliata, s’inalbera Margaret Sullivan, garante dei lettori che hanno dovuto soddisfare altrove la loro curiosità.