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 2015  gennaio 14 Mercoledì calendario

Il rione Monti dà il ben tornato a Napolitano. Dal parrucchiere che accorcia la frangetta a Clio al macellaio comunista di via Panisperna che sta organizzando una festicciola in piazza a base di pollo piccante

 Le finestre con affaccio sulla strada sono chiuse a parte quelle dell’ultima stanza, in fondo al corridoio dove c’è sempre la luce accesa. Da qualche giorno la mattina qualcuno le spalanca, arieggia, cambia l’aria e poi le richiude. Da domani o forse già da stasera Giorgio Napolitano tornerà a respirare l’atmosfera del rione Monti. Un inquilino come altri. L’appartamento è al primo piano di vicolo dei Serpenti, circa 120 metri quadrati senza nulla della solennità protocollare che per 9 anni ha accompagnato i passi della coppia presidenziale. 
LA FRANGETTA
Concetta, l’ex colf lo raccontava ai commercianti della zona, sorpresa anche lei da quella normalità che si respirava in casa. Immaginiamo Clio che va a fare la spesa, lei che apre e avvisa: «Signora... la lavastoviglie butta». 
Strano destino, soffrire d’asfissia nei 110 mila metri quadrati del Quirinale, l’ex residenza dei pontefici, il 6° palazzo più grande del mondo, ma sentirsi più protetti qui. L’ingresso, neanche troppo luminoso, il salone, i tanti quadri alle pareti, lo studiolo, le librerie da spolverare, una stanza da pranzo e una da letto, due bagni e la cucina con il terrazzino rialzato che dà sul cortile interno. Se dai tempi di Concetta non è cambiato niente dovrebbe essere tutto così. Come lo hanno lasciato. Come se i proprietari si fossero allontanati per un lungo viaggio e ora stessero per tornare. Anzi sono già tornati visto che anche ieri mattina Clio è passata a controllare che tutto fosse in ordine. Quando andarono via, per motivi di sicurezza gli agente fecero spostare tutte le auto parcheggiate sulla stradina, anche la Fiat in cui dormiva il barbone adottato da tutto il rione. La first lady lo venne a sapere e fece in modo che l’auto tornasse al suo posto e il clochard, scomparso qualche anno fa, potesse continuare a dormirci dentro. 
«Da qui non se ne sono mai andati», dice Mimmo, che prima del trasloco in Quirinale li aveva come clienti sia «lei» che «lui» «La signora Clio veniva qui per farsi accorciare la frangetta», rivendica il barbiere di via dei Serpenti. «Il presidente? Lo rivedrò volentieri. Prima che gli facessero lo scherzetto di rieleggerlo era passato a dirci che sarebbe tornato. Sembrava allegro anche se la spalla gli faceva ancora male».
IL FIGLIO LAZIALE
Tra il corazziere che batte i tacchi quando passi e Mario, il corniciaio che ti saluta alzando appena lo sguardo c’è una bella differenza. Un percorso da fare in solitario e in senso inverso. Il fornaio è una di quelle botteghe storiche che hanno resistito a tutto. «Mio padre l’aprì nel 1928 – racconta il titolare, Carlo – ricordo quando venne il presidente prima di essere eletto a comprare il pane. Scese dal bus navetta e poi tornò a casa a piedi. Ora da noi ci viene il figlio Giulio che si è trasferito in via Cesare Lanza. È laziale, una persona molto gentile, qui lo conosciamo tutti». 
Che «Re Giorgio» abbia voglia di tornare suddito è cosa di tutta evidenza. L’età innanzitutto ma non solo. Se per quasi un decennio lo studio in cui incontri i segretari di partito e gli altri capi di Stato è l’ex camera da letto estiva dei Papi, se dovunque giri lo sguardo incroci arazzi, alla lunga tanto sfarzo deve venirti a noia. Sogni il minimalismo, i corridoi stretti, le stanze piccole magari anche il disordine, i calzini sul letto, la tavola da sparecchiare, il bucato steso. La vita “fuori”.
«Domani suono il campanello e gli vado a dare il benvenuto per il ritorno nel quartiere», annuncia serio Piero Stecchiotti, il macellaio “comunista” di via Panisperna. «Stiamo organizzando – svela – una cosa simpatica in piazzetta per sabato pomeriggio. Ci sarà un menu soft, stuzzichini, del pollo un po’ piccante, un grande dolce con il Colosseo e la scritta “Ben tornato presidente”». E Franco, il proprietario del ristorante di fronte aggiunge: «È sempre il benvenuto, anche in questi anni ogni volta che andava a votare passava e salutava tutti». Il Colle lo ha stancato ma non lo ha cambiato, «galante era, galante è rimasto».