Corriere della Sera, 14 gennaio 2015
L’air bag per lo sci presto in commercio. Costerà un migliaio di euro
Non è vero che l’airbag per lo sci è un’idea ormai accantonata a causa dei dubbi di alcuni atleti. E non è nemmeno corretto – variante soft della bocciatura – che si è deciso di rinviare la parte finale di una sperimentazione che dura da quattro anni: «Semmai è vero il contrario: abbiamo predisposto una ‘versione B’ che è disponibile già da questa settimana a Wengen» dice Marco Pastore della Dainese, l’azienda incaricata dalla Federazione internazionale di aumentare la sicurezza di chi partecipa alle discese e ai SuperG. Lo sport farà da apripista per lo sciatore comune: l’airbag tra non molto sarà acquistabile da tutti, al prezzo di circa un migliaio di euro.
Ricapitoliamo, allora. Nel 2011 si era deciso di procedere con il D-air, nome di battaglia del meccanismo. Dopo studi, esperimenti, interventi di affinamento, si è giunti a un dispositivo inserito in un corpetto che l’atleta indossa sotto la tuta e che integra il para-schiena già in uso da anni. Tre accelerometri, tre giroscopi, un «gps» e un microprocessore con memoria formano la parte elettronica: il tempo di gonfiaggio alla caduta è di 5 millisecondi, quello di gonfiaggio completo è di 10. Aerodinamicamente neutro, il sistema pare ormai a punto anche sul fronte più temuto: quello delle aperture indesiderate. «Ci sono cinque funzioni matematiche – riprende Pastore – che interagiscono: l’air bag scatta solo se si attivano tutte. Sottolineo che la Fis ha approvato il dispositivo già lo scorso novembre».
Che cosa ha allora inceppato l’adozione del D-air, posto che agli albori si pensava di riuscire ad essere pronti addirittura per i Giochi 2014? Prima di tutto un imprevisto legato, in dicembre, alla pista della Val Gardena designata per il test finale in occasione dell’appuntamento della Coppa del mondo: «Si è svolta una sola prova, per la necessità di tutelare il manto nevoso, e molti allenatori hanno deciso che non fosse sufficiente». Poi sono intervenuti guai di vestibilità: «Tutto era nel rispetto delle norme concordate, inclusa quella dei 45 millimetri di spessore. Abbiamo svolto una prova reale con Werner Heel e con Marco Sullivan, mentre con altri atleti si è proceduto con collaudi a secco. Ci sono state suggerite varianti alle cuciture, alle pieghe del sacco e all’adattamento dell’airbag. Queste novità a Wengen sono pronte». Però a Wengen si sta lottando con il maltempo: ieri si è svolta la prima prova, anticipata di un giorno perché oggi non sarà possibile scendere. Si teme che domani sia lo stesso. E allora? «Si passerebbe alle prove di Kitzbuehel: andremo avanti a oltranza, anche se in teoria chiunque potrebbe già usare il D-air in gara». Ma è ovvio che senza un collaudo sul campo, nessuno lo adotterà. È per caso anche un rifiuto mentale? «Forse. Ma noi tranquillizziamo gli sciatori: non ci sono svantaggi aerodinamici e con le modifiche abbiamo superato gli ostacoli ergonomici. Peraltro, si dovrà lavorare su una personalizzazione delle tute in sinergia con le aziende fornitrici: sono molto attillate e diventano la seconda pelle dello sciatore. Il D-air si deve integrare con questo scenario».
Posto che il sistema protegge già clavicole, spina dorsale, costole e una parte della zona cervicale non tutelata dai caschi, perché non renderlo obbligatorio? E perché non scegliere un nome illustre come testimone? «Stiamo lavorando all’idea di appoggiarci a uno o più top skier; ma non crediamo alle imposizioni – spiega Pastore —. Nel motociclismo è stato altrettanto complicato far adottare dai piloti il D-air: eppure, una volta capiti i vantaggi, l’hanno voluto tutti». Indietro insomma non si torna, anche perché l’obiettivo è la perfezione: mettere in sicurezza pure le gambe. «Oggi sono escluse, ma nel futuro saranno a loro volta protette» è la promessa. Non stentiamo a crederlo: l’evoluzione della specie vale anche per attrezzi e materiali.