Corriere della Sera, 13 gennaio 2015
La Turchia, il crocevia dei jihadisti. Come la Boumeddiene, altre 7mila persone sono passate per Istambul prima di raggiungere la Siria
Hayat Boumeddiene, la donna ricercata per la strage di Parigi e compagna del terrorista Amedy Coulibaly, è scappata in Siria via Turchia. Una notizia che ha sorpreso pochi. Da quando è iniziata la guerra in Siria diversi movimenti armati, compreso l’Isis, hanno sfruttato la rotta turca per far affluire volontari. Tre aeroporti – Gaziantiep, Antakya, Sanliurfa – tutti collegati a Istanbul, permettono di arrivare rapidamente dall’Europa, spesso con voli low cost. Una rete di case sicure e piccoli hotel sono il primo punto d’appoggio. Qui i facilitatori accolgono le reclute, a volte fanno un controllo per scoprire eventuali infiltratati, quindi trasferisco uomini e donne oltre frontiera, in Siria. La Turchia, per molto tempo, ha lasciato fare: un atteggiamento legato all’azione in favore dei ribelli siriani in lotta contro il regime di Assad. Una situazione che, con la crescita dell’Isis e dei qaedisti di al Nusra, è diventata però allarmante. Almeno per i Paesi occidentali che hanno denunciato il lassismo di Ankara. I turchi hanno risposto aumentando – di poco – i controlli. Hakan Fidan, il capo del servizio segreto Mit, ha dato di recente i numeri: abbiamo deportato 1.056 stranieri e messi al bando oltre settemila individui sospetti. Una goccia in un mare agitato. Il 7 una donna si è fatta saltare in un posto di polizia a Istanbul. All’inizio hanno sostenuto che fosse una militante di un gruppo di estrema sinistra, poi hanno detto che era una daghestana, madre di una bambina e forse moglie di un guerrigliero Isis morto a Kobane. Un attentato «strano», magari un segnale coperto ai turchi perché non si mettano in mezzo lungo il sentiero della Jihad.