la Repubblica, 13 gennaio 2015
Fra dieci giorni Draghi metterà sul tavolo il Quantitative easing, il programma di acquisto di titoli di Stato da parte dell’Eurotower per rilanciare l’economia europea e riportare l’inflazione intorno al 2%. Si parla di 500 miliardi e potrebbe durare fino a settembre 2016
Quando tra dieci giorni, il 22 gennaio, i governatori centrali della moneta unica raggiungeranno Mario Draghi a Francoforte, daranno vita a una riunione della Banca centrale europea storica. Il presidente italiano della Bce metterà sul tavolo il Quantitative easing, il programma di acquisto di titoli di Stato da parte dell’Eurotower per rilanciare l’economia del continente con il conseguente effetto di riportare l’inflazione intorno al 2%, l’obiettivo fissato dallo statuto e dalla strategia di politica monetaria della Bce. Sarà la prima volta che l’Europa imbraccerà il cosiddetto “bazooka” monetario e l’esito del confronto tra falchi e colombe in seno al Consiglio di Francoforte non è scontato. C’è ancora distanza tra le posizioni di Draghi rispetto a quelle del fronte guidato dal numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann. Ma l’ex governatore di Bankitalia tesse la tela del compromesso e il programma dovrebbe avere una portata di almeno 500 miliardi e potrebbe durare fino al settembre 2016. «Deflazione pericolosamente vicina, serve uno shock dalla Bce» chiedeva ieri il ministro dell’Economia Padoan, ribadendo la sostenibilità del debito I dati che spingono Draghi all’azione sono questi: l’economia europea è asfittica, l’inflazione a dicembre è scivolata al – 0,2% e i programmi straordinari varati in autunno dalla Bce fin qui per quanto positivi non saranno probabilmente sufficienti. In primis il Tltro, la concessione di prestiti vantaggiosi alle banche che si impegnano a riattivare il credito per imprese e famiglie ha fin qui piazzato solo 212 miliardi e Francoforte ha dovuto abbassare le previsioni di prestiti agli istituti di credito di quasi un terzo. Inoltre l’acquisto dei covered bond e dei titoli cartolarizzati (Abs) hanno iniettato nel sistema 32 miliardi, troppo poco se proiettati su un periodo di due anni. Per questo la decisione di lanciare il Quantitative easing il 22 gennaio appare scontata. Ma sui dettagli il Consiglio direttivo dovrà discutere. Primo, per pompare 500 e passa miliardi di liquidità nel sistema, Francoforte comprerà solo bond pubblici o anche quelli di imprese private? Posto che la discussione tra governatori dovrà arrivare a un compromesso che potrebbe toccare tutti i tasselli del Qe, al momento l’orientamento sembra quello di acquistare solo bond pubblici, un mercato in grado di assorbire i 500 miliardi dell’Eurotower mentre le grandi aziende hanno già una notevole liquidità e ampio accesso al credito, ragion per cui un loro coinvolgimento si potrebbe rivelare poco efficace. Altro punto, il Qe sarà solo annunciato, non partirà immediatamente. Come minimo ci vorrà qualche settimana per metterlo a punto, ma i governatori potrebbero decidere di allungare ulteriormente i tempi, anche se non di molto.
Il nodo centrale resta quello della ripartizione dei rischi legati al programma. Tradizionalmente la Bce agisce in risk sharing, le eventuali perdite delle sue iniziative vengono coperte da tutte le banche centrali della zona euro in percentuali che riflettono la loro incidenza sul capitale della Bce. Ma alcuni istituti centrali potrebbero richiedere che profitti e rischi non vengano mutualizzati. Per questo si ragiona sull’opportunità che siano le singole banche centrali a coprire i rischi dei bond della propria nazione comprati dalla Bce. Insomma, se un paese facesse default, ipotesi al momento decisamente improbabile, sarebbe solo la sua popolazione a farsene carico. Il governatore Ignazio Visco si è opposto a questa ipotesi perché «la frammentazione finanziaria della zona euro potrebbe ampliarsi».
Anche la durata del Qe sarà argomento di confronto: potrà durare al massimo due anni, ma anche qui i falchi lo vorrebbero limitare nel tempo. Il compromesso alla fine potrebbe essere di legarlo al Tltro che scadrà nel settembre del 2016, lasciando dunque che l’acquisto dei bond corra per un anno e mezzo abbondante. Sembra poi probabile che i titoli di ciascuna nazione saranno acquistati in base alla partecipazione di ogni banca centrale al capitale Bce: l’Italia è al 17-18% e dunque se alla fine l’Eurotower metterà in campo 500 miliardi una novantina potrebbero essere destinati all’acquisto dei titoli di Stato tricolori.
L’Eurosistema ragiona sul possibile impatto del Qe. La speranza è che i colpi di bazooka di Draghi facciano ripartire la crescita portando in su l’inflazione a beneficio dell’economia. Nel migliore degli scenari il tasso di inflazione potrebbe salire dello 0,4%, che si sommerebbe alla spinta (inferiore) del Tltro. Visto che a bocce ferme la Bce prevede che nel settembre 2016 l’inflazione sarà risalita all’1,3%, gli effetti dei programmi straordinari di Draghi potrebbero riportarla intorno al 2%, con un vantaggio sensibile per la crescita.
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