La Stampa, 13 gennaio 2015
Boko Haram alza il tiro e mette a ferro e fuoco la Nigeria. Non ce l’hanno più solo con i cattolici ma anche con le minoranza musulmane: è uno sterminio a 360 gradi. «Sfruttano la povertà e il malessere sociale, ma anche l’ignoranza. Alle bambine fanno il lavaggio del cervello convincendole che andranno in paradiso con queste azioni. Ci vorrebbe l’intervento della comunità internazionale, dell’Onu. Anche capire chi c’è dietro, chi li finanzia e chi li addestra». Parla Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza Episcopale
«Non siamo vittime di serie B, il mondo si deve mobilitare per la Nigeria così come ha fatto per la Francia». L’appello giunge da Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria. Lo sentiamo al telefono mentre sta per lasciare Enugu, dove ha celebrato la messa domenicale.
Bambine kamikaze, venti villaggi messi a ferro e fuoco, duemila persone uccise, cosa sta succedendo in Nigeria?
«Boko Haram ha alzato il tiro dello scontro, come mai in passato con metodi disumani, aberranti, da sterminio».
Qual è l’obiettivo?
«Creare un califfato centroafricano tra Nigeria, Camerun e Niger. Le autorità stanno facendo il possibile per contrastare questa feroci violenze, ma non possono più di tanto».
Perché hanno presa questi terroristi?
«Sfruttano la povertà e il malessere sociale, ma anche l’ignoranza. Le bambine vengono indottrinate, le fanno il lavaggio del cervello convincendole che andranno in paradiso grazie a queste azioni. Del resto l’Africa conosce bene la tragedia dei bambini soldato».
Come vive la comunità cristiana questa situazione?
«Nel terrore assoluto. Ma voglio sottolineare che non è solo la comunità cristiana vittima di questa situazione. Lo stesso vale per le altre minoranze, per i musulmani moderati, e per tutti coloro che non condividono le idee e il fanatismo delle milizie».
Lei rifiuta pertanto il concetto di scontro tra civiltà?
«Assolutamente, all’inizio i perseguitati erano i cristiani, ma ora si tratta di uno sterminio a 360 gradi, di una vera e propria persecuzione diffusa ad opera di un gruppo ristretto, chiunque si oppone al progetto del califfato dei Boko Haram viene eliminato. E troppo spesso nell’immobilismo generale».
Cosa intende dire?
«Intendo dire che anche la comunità internazionale dovrebbe fare di più, non solo limitarsi a proclami e condanne verbali, ma fare il possibile per mettere le nostre autorità nelle condizioni di contrastare questo fenomeno».
Si riferisce alla manifestazione di Parigi?
«Esatto, ci vuole la stessa determinazione. Lì si è consumata una tragedia, così come accade ormai quotidianamente qui da noi, ma la sensibilità e l’attenzione sono diverse. Noi abbiano ogni giorno bombe e attacchi, come quelli delle bimbe kamikaze, ma mi sembra che la mobilitazione sia assai ridotta. Non ci possono essere vittime di serie A e di serie B. Auspico che anche qui si dia vita a una grande manifestazione unitaria, occorre marciare per i nostri duemila morti. E non solo».
Cosa chiede?
«L’intervento della comunità internazionale, dell’Onu per trovare una soluzione al dramma nigeriano. Innanzi tutto capire chi c’è dietro Boko Haram, chi li finanzia e chi li addestra».