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 2015  gennaio 12 Lunedì calendario

Mangiamo più cioccolato di quanto ne produciamo. Dobbiamo correre ai ripari, ma la pianta del cacao è una delle più capricciose che esistano: cresce solo nei climi equatoriali, ha un bisogno di acqua costante, di una temperatura tra i 20 e i 30 gradi, di un terreno particolare,di essere protetta dai venti e dai parassiti che la debilitano. E poi produce le prime bacche dopo due anni, e ogni bacca contiene solo una quarantina di semi, dai quali si ricava la polvere

In una grande serra del Berkshire, non lontano dal castello di Windsor e dall’Eton college, un gruppo di scienziati lavora a un problema che viene per ora tenuto nascosto ai bambini: l’imminente carenza del cioccolato. Non è proprio che non ce ne sia più, ma si è scoperto che da qualche anno se ne consuma in misura maggiore di quella che si produce: la differenza è stata nel 2013 di 70 mila tonnellate, e produttori globali come Mars e Barry Collebant prevedono che, se non si fa qualcosa, nel 2020 potrebbe salire a un milione di tonnellate.
Colpa dei cinesi?
I ragazzi più svegli già si sono accorti che le barrette di cioccolato hanno cominciato ad assottigliarsi e le associazioni dei consumatori cominciano a sospettare che la quantità di cacao usata in molti prodotti si riduca a favore di grassi vegetali e aromi sintetici. Come avviene sempre più spesso, quando veniamo privati di piaceri ai quali eravamo abituati, si dà la colpa ai cinesi. Hanno scoperto da poco il cioccolato e stanno recuperando il tempo perduto, con un consumo che dalle 40 mila tonnellate nel 2010 è arrivato a 70 mila l’anno dopo. Anche gli indiani hanno raddoppiato il loro consumo e il prezzo del cacao, che costava 1500 dollari la tonnellata nel 2007, ha superato i 3000.
Se la domanda sale bisognerebbe aumentare la produzione, ma non è così semplice. La pianta del cacao è una delle più capricciose che esistano: cresce solo nei climi equatoriali, ha bisogno di acqua costante, di una temperatura tra i 20 e i 30 gradi, di un terreno particolare e di essere protetta dai venti. Parassiti, virus e malattie di ogni genere la debilitano. Quando la si interra, produce le prime bacche dopo due anni, e ogni bacca contiene solo una quarantina di semi, dai quali si ricava la polvere di cacao.
Nella serra del Berkshire, un gruppo di professori dell’Università di Reading sta studiando il problema di come aumentare la resa dei raccolti e proteggere la specie dalle malattie e dai parassiti. Il programma è stato chiamato «Operation Wonka», il cognome del personaggio ideato da Roald Dahl nel libro «Charlie e la fabbrica del cioccolato», dal quale sono stati ricavati due film di grande successo: uno nel 1971 con Gene Wilder e l’altro, con Johnny Depp, nel 2005. Il Willy Wonka della serra è il professor Paul Hadley, l’uomo dal quale dipende la possibilità di poter continuare a mangiare buon cacao ad un prezzo ragionevole in futuro. Lo scienziato, nella sua fabbrica del cioccolato dove ogni giorno cadono mille litri di acqua su 400 tipi diversi di piante, sta studiando nuovo materiale genetico vegetale che dia più resistenza alle colture. Le malattie si portano spesso via il 30-40% dei raccolti e sono il problema più grave. «I coltivatori dell’Africa occidentale – ha detto Hadley – vorrebbero importare nuove varietà di piante create in Centro America, ma temono che con le piante arrivino anche nuovi parassiti infestanti. La nostra serra serve anche da deposito di quarantena: teniamo qui le piante per due anni e le mandiamo nel Golfo di Guinea solo quando siamo sicuri che non rappresentano un pericolo». L’Operazione Wonka costa più di 160 mila sterline (220 mila euro) all’anno, interamente finanziate dal Dipartimento dell’Agricoltura americano e da multinazionali e commercianti preoccupati da una nuova esplosione dei prezzi.
Nei secoli
Cristoforo Colombo fu il primo europeo ad assaggiare il cacao, e non gli piacque. Gli Aztechi lo consideravano un dono del dio Quetzacoatl e usavano i semi come moneta. Hernàn Cortés se ne fece regalare una piantagione da Montezuma e barattò i semi con oro e argento. In Europa arrivò nel 1500 come bevanda mescolata a zucchero, molto apprezzata dai monaci durante i digiuni. Tre secoli dopo, in Svizzera, i semi tostati e polverizzati vennero miscelati con burro di cacao e latte per creare il cioccolato che conosciamo oggi, forse la più meritoria invenzione di quel paese dopo Internet e la cerniera lampo.