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 2015  gennaio 12 Lunedì calendario

Ecco la lista dei dieci obiettivi dei fondamentalisti islamici. Tre vignettisti, due giornalisti, due politici, uno scrittore, un avvocato e un predicatore. A compilarla è stato, nel 2010, l’imam yemenita-statunitense Anwal al-Awlaki, il “Bin Laden del web”

La foto del direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier, segnata da una croce rossa che significa “eliminato”. Altri dieci immagini di “infedeli” accompagnate dalla scritta “Yes we can”, si possiamo. Sottinteso: ucciderli tutti. Fino alla strage di Parigi la lista dei “ricercati” pubblicata dal magazine vicino ad al-Qaeda Inspire poteva sembrare poco più di una minaccia con una grafica da videogame e un linguaggio da terroristi di Hollywood. Non ora: i nomi su quella pagina servono a ricordare ai fondamentalisti sparsi per il globo chi sono i simboli della lotta di religione, i primi a dover essere colpiti per “mandare un segnale” all’Occidente. Oltre a Charb, due donne e otto uomini. Ben tre vignettisti, due giornalisti, due politici, uno scrittore, un avvocato e un predicatore. A compilarla è stato, nel 2010, l’imam yemenita-statunitense Anwal al-Awlaki, il “Bin Laden del web”. Un terrorista vero, tanto temuto dalla Cia per la sua persuasività nel chiamare al jihad globale da essere stato il primo obiettivo terroristico ucciso da un drone Usa. Lui non c’è più, ma la sua lista continua a campeggiare online e ad essere aggiornata. Ecco chi c’è dentro.
Salman Rushdie. Lo scrittore anglo-indiano de I versetti satanici è il nome più famoso sulla lista e il primo obiettivo del terrorismo “culturale”. Per un capitolo in cui riprendeva uno scritto apocrifo che racconta come Satana avrebbe suggerito a Maometto un passo del Corano, ricevette – era il 14 febbraio 1989 – la fatwa dell’ayatollah Khomeini che lo condannava a morte. Da allora, vive nascosto e protetto dall’Fbi. Ogni anno a febbraio riceve nuove minacce di morte. È andata peggio a chi ha collaborato al libro: l’editore norvegese William Nygaard è stato ferito in un agguato, il traduttore italiano Ettore Capriolo è stato accoltellato, quello giapponese Hitoshi Igarashi è stato ucciso con varie pugnalate al volto.
Kurt Westergaard. È l’autore della più famosa delle 12 vignette “danesi” pubblicate dal Jyllands-Posten, quella che ritrae il Profeta con una bomba nel turbante. È stato vittima di due attentati. Nel 2008 due tunisini un marocchino vengono arrestati dai servizi segreti danesi perché in procinto di assassinarlo. Due anni dopo un somalo vicino ad al-Shabaab entra nell’abitazione di Westergaard armato di ascia. Il vignettista si rifugia nella stanza blindata predisposta dall’intelligence, ma lascia in salotto la nipote di 5 anni. Il terrorista prova, come in Shining, a sfondare la porta con l’ascia, ma non tocca la piccola.
Molly Norris. Tutta colpa di un evento Facebook. Dopo le minacce ai creatori di South Park per una puntata di scherno sul profeta, questa vignettista si Seattle crea l’iniziativa sui social “Ognuno disegni il suo Maometto”. In 100 mila partecipano. Lei, nonostante le scuse, da allora vive sotto protezione: ha cambiato nome, varie volte residenza e ha abbandonato la sua vecchia identità. Lavoro di vignettista compreso.
Carsten Juste e Flemming Rose. Direttore e caposervizio alla cultura del Jyllands-Posten. Il primo si è scusato dopo la pubblicazione dell vignette satiriche. Il secondo ha annunciato che avrebbe pubblicato anche le vignette iraniane sull’Olocausto, intenzione che gli è costata un allontanamento temporaneo dal giornale. Lars Vilks. Sul vignettista svedese che, un anno dopo il Jyylands-Posten, ha ritratto il profeta con la testa di un cane, l’Isis ha messo una taglia di 100 mila dollari. Vittima di un attentato incendiario e di un tentativo di lapidazione, l’ultima minaccia risale al 2014. Jihad Jane, soprannome di Colleen LaRose, un’americana convertita al jihadismo, è stata arrestata mentre progettava la sua uccisione insieme a un 15enne.
Ayaan Irsi Ali. Sul corpo senza vita (e vittima di un tentativo di decapitazione) del regista olandese Theo Van Gogh, c’ è un biglietto. È la condanna a morte di Irsi Ali, collaboratrice del film-maker, deputata del Partito delle libertà e scrittrice nata in Somalia. Dopo le continue minacce di morte si trasferisce prima nel Regno Unito, poi negli Usa dove vive tuttora insieme al marito, il celebre storico Niall Ferguson. Geert Wilders. Anche il leader del partito di estrema destra olandese Party for freedom è nella lista dei jihadisti. Denuncia di continuo le restrizioni della libertà con cui è costretto a fare i conti, tra cui alcune notti passate in carcere di sicurezza. Per le sue posizioni estremiste e xenofobe (tra cui il paragone tra il Corano e il Mein Kampf) è stato dichiarato persona non grata in vari Paesi. Non mediorientali, ma Regno Unito e Australia.
Morris Sadek. È l’avvocato copto egiziano che ha portato all’attenzione dei media il cortometraggio L’innocenza dei musulmani, cui seguirono le rivolte che costarono la vita all’ambasciatore Usa a Bengasi Chris Stevens. Da allora Sadek ha cambiato identità. I jihadisti non sono i soli a volere la sua testa: durante la presidenza Morsi, un tribunale egiziano l’ha condannato a morte in contumacia.
Terry Jones. Controverso predicatore e candidato alla presidenza Usa nel 2012 (e nel 2016) che tentò di celebrare il nono anniversario del 9/11 bruciando migliaia di copie del Corano. Sulla sua testa pende una taglia di 2 milioni di euro messa dai terroristi pachistani di Lashkar-e Taiba.