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 2015  gennaio 12 Lunedì calendario

«Isreale è la vostra casa». L’appello di Netanyahu, e la Francia, che senza ebrei, non sarebbe più la Francia

Trent’anni fa un soldato tunisino irrompe nel cortile della sinagoga a Djerba, spara con il fucile che gli ha dato l’esercito, uccide cinque persone, tra loro una diciassettenne. Venerdì Amedy Coulibaly irrompe nel supermercato di prodotti ebraici alla periferia di Parigi, ammazza quattro clienti, tra loro il figlio della sorella di quella ragazzina. La stessa tragedia, due Paesi diversi. Eppure il fratello di Yoav Hattab, che è stato freddato mentre cercava di disarmare il terrorista, commenta: «La Tunisia è più sicura della Francia».
A lui non bastano le rassicurazioni del presidente François Hollande che visita la Grande Sinagoga rimasta chiusa per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale e prima della marcia per le strade della capitale incontra i leader della comunità. Assicura che la protezione davanti alle scuole e ai templi verrà rafforzata, «se necessario schiereremo l’esercito». È quello che chiede Roger Cukierman, presidente dell’organizzazione che riunisce le istituzioni ebraiche: «Vogliamo tornare a recitare i salmi, ad acquistare cibo nei nostri negozi. Non vogliamo nasconderci, non vogliamo andarcene».
L’orgoglio di essere francesi, la Marsigliese intonata dalla folla davanti alle vetrine oscurate del supermercato sono una risposta all’appello di Benjamin Netanyahu. Che è volato a Parigi per partecipare alla manifestazione e ha invitato gli ebrei francesi a emigrare: «Ricordatevi che Israele non è soltanto il luogo dove tornate per pregare, è la vostra casa». Ha anche annunciato di aver organizzato un comitato che aiuti e favorisca il trasferimento. Quando nel 2004 Ariel Sharon da primo ministro aveva lanciato un appello simile a «fuggire dall’antisemitismo selvaggio», l’allora presidente francese Jacques Chirac aveva chiesto spiegazioni e dichiarato una sua visita ufficiale «non gradita».
Le quattro vittime della strage a Porte de Vincennes saranno seppellite domani a Gerusalemme sul Monte degli ulivi, funerali di Stato come per i caduti israeliani del terrorismo. Netanyahu considera i giovani estremisti di Parigi e i miliziani palestinesi di Hamas soldati di uno stesso esercito globale: «Sono rami dello stesso albero velenoso». Avigdor Liberman, il suo ministro degli Esteri, avverte «gli attacchi contro i Paesi europei aumenteranno, è l’ondata di ritorno di chi è andato a combattere in Siria con lo Stato islamico». Anche Moshe Yaalon, il ministro della Difesa, raccomanda di cercare rifugio in Israele: «Gli ebrei sono sotto attacco, è il posto più sicuro». «L’unico posto», lo definisce Yair Lapid, ex ministro delle Finanze in corsa alle elezioni di marzo.
In Francia vive la più grande comunità d’Europa, oltre 550 mila persone. L’aumento degli attacchi antisemiti ha spinto molti a trasferirsi in Israele, 7 mila nel 2014, il doppio rispetto all’anno precedente. Delle sette vittime di Mohammed Merah nel 2012 quattro sono state ammazzate in una scuola ebraica. Pochi mesi fa a Créteil una coppia è stata assalita dentro l’appartamento, la donna violentata: «Voi ebrei avete i soldi», hanno detto i tre uomini armati mentre arraffavano i contanti e le carte di credito.
La parola in ebraico per definire l’emigrazione in Israele è aliyah: ascesa. Chi lascia il Paese commette invece yerida, discende. La comunità che vive all’estero respinge le parole di Netanyahu: «Il governo israeliano deve smetterla con il riflesso pavloviano di incoraggiare gli ebrei a fuggire dopo ogni attacco antisemita. Nessuno invita gli abitanti dei villaggi attorno alla Striscia di Gaza a scappare appena esplode un razzo lanciato da Hamas», commenta il rabbino Menachem Margolin, che guida l’Associazione delle organizzazioni ebraiche europee. «I politici a Gerusalemme devono accettare che non stiamo per emigrare in massa e riconoscere l’importanza del nostro ruolo, del sostegno che possiamo dare anche da fuori».
Allison Kaplan Sommer scrive in un editoriale pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz : «Netanyahu deve capire che questi appelli indeboliscono le comunità politicamente, riducono le possibilità di premere perché i governi europei garantiscano maggiore sicurezza».
Il primo ministro Manuel Valls replica: «Il posto degli ebrei di Francia è la Francia». In un’intervista a Jeffrey Goldberg per la rivista americana Atlantic prima degli attentati della settimana scorsa, il premier nato a Barcellona spiega: «La Rivoluzione francese decise nel 1789 di riconoscere agli ebrei la piena cittadinanza. Per capire che cosa significhi l’idea di Repubblica è necessario capire il ruolo centrale rappresentato dalla loro emancipazione. Se 100 mila francesi di origine spagnola se ne andassero, non direi che il Paese è cambiato. Ma se 100 mila ebrei francesi emigrassero, la Francia non sarebbe più la Francia».