Il Messaggero, 9 gennaio 2015
In mostra il guardaroba delle star. I veli di Lyda Borrelli ai tempi del muto, la sexy guepière di Sofia Loren in Matrimonio all’italiana, la redingote di Donald Sutherland in Casanova, il saio di Totò e Ninetto Davoli di Uccellacci uccellini, gli strascichi della Marie Antoinette rivista e corretta da Sofia Coppola... Ma anche le giacche sgargianti di Servillo ne La Grande Bellezza
Nessuno ha ancora visto Il racconto dei racconti, il nuovo e atteso film di Matteo Garrone che, scommettono in molti, sarà invitato al festival di Cannes. Ma a Roma, a Palazzo Braschi, una mostra in programma dal 17 gennaio al 22 marzo ce ne darà un’idea in anteprima permettendoci di ammirare i costumi seicenteschi che sul set sono stati indossati da Vincent Cassel, Salma Hayek, Toby Jones e dagli altri protagonisti del fantasy ispirato alle fiabe popolari di Giambattista Basile.
La mostra I vestiti dei sogni – la scuola italiana dei costumi per il cinema, dedicata ai grandi costumisti italiani, ripercorrerà un secolo di storia della settima arte riproponendo anche le giacche sgargianti del dandy Toni Servillo, capi copiati in tutto il mondo dopo che hanno scortato La grande bellezza all’Oscar, i veli di Lyda Borrelli ai tempi del muto, la sexy guepière di Sofia Loren in Matrimonio all’italiana, la redingote di Donald Sutherland trasformato da Fellini in Casanova, il saio di Totò e Ninetto Davoli protagonisti di Uccellacci uccellini, i completi scuri di Mastroianni insolitamente ossigenato in La decima vittima, le porpore dei cardinali di Habemus Papam, gli strascichi della Marie Antoinette rivista e corretta da Sofia Coppola, i capi ottocenteschi portati da Daniel Day-Lewis e Michelle Pfeiffer in L’ età dell’innocenza...
PEZZI UNICI
Fastosi o minimalisti, sempre pezzi unici originali, gli abiti indossati dagli attori sono saldamente radicati nell’immaginario collettivo, hanno influenzato le mode e contributo a rendere immortali i film per i quali sono stati creati. Se uno pensa al Gattopardo, rivede fatalmente Angelica-Claudia Cardinale che volteggia con la sua crinolina nella celebre scena del ballo. Chissà che destino internazionale avrebbe avuto il Pinocchio di Benigni se l’attore avesse sgambettato senza la tutina bianca e rossa. E in tempi più recenti, alla base del successo del film Il giovane favoloso sono sicuramente anche i preziosi capi ottocenteschi sfoggiati di Elio Germano-Leopardi.
La storia dei costumi cinematografici è la storia dei grandi artigiani italiani, richiesti in tutto il mondo e premiati con l’Oscar. La mostra di Palazzo Braschi, realizzata dalla Cineteca di Bologna e da Equa di Camilla Morabito, allestita dal famoso direttore della fotografia Luca Bigazzi, celebra quei geniali artigiani, espressione dell’eccellenza nazionale.
Il pubblico potrà tornare ad ammirare oltre cento costumi già visti in tanti film, bozzetti originali, oggetti di scena. E scoprire da vicino il talento di chi li ha realizzati. Protagonisti sono innanzitutto i costumisti premiati con l’Oscar: il decano Piero Tosi, 87 anni (statuetta alla carriera nel 2013), Danilo Donati (vincitore due volte: per Romeo e Giulietta di Zeffirelli e per Casanova di Fellini), Milena Canonero (che di Academy Award ne ha presi ben tre: per Barry Lyndon di Kubrick, per Momenti di gloria di Hudson e di recente per Marie Antoinette di Sofia Coppola), Gabriella Pescucci (premiata per L’età dell’innocenza).
I PIONIERI
Ma si vedranno anche le creazioni di Giulio Coltellacci per La decima vittima, quelle di Carlo Simi e Marilù Carteny che hanno vestito i cowboy di C’era una volta il West, di Gitt Magrini che ha dato un tocco déco a Stefania Sandrelli e Dominique Sanda in Il conformista di Bertolucci, di Gianna Gissi che ha fatto di Alberto Sordi un perfetto Marchese del Grillo, di Lina Nerli Taviani alle prese con le porpore di Habemus Papam, di Daniela Ciancio che ha vestito i protagonisti di La grande bellezza, di Ursula Patzak (Il Giovane favoloso) e di Massimo Cantini Parrini, alle prese con Il racconto dei racconti. Per non parlare di Piero Gherardi, Maurizio Millenotti e dei pionieri Vittorio Novarese, Maria De Matteis, Gino Sensani.
Dietro il lavoro dei costumisti ci sono le storiche sartorie che hanno realizzato gli abiti pensati per i film: Peruzzi, Gattinoni, Fanani, Annamode, Attolini (cui si devono le giacche coloratissime di Servillo per il capolavoro di Sorrentino). E Tirelli, un’azienda romana che compie cinquant’anni e verrà festeggiata anche in America. «La storia del costume cinematografico ha subito una profonda evoluzione», spiega Dino Trappetti, amministratore unico della sartoria e depositario di un patrimonio di 170mila costumi «e oggi il nostro lavoro non può prescindere dalle ultime tendenze della moda e del costume».
Spiega Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna: «La mostra vuole valorizzare la scuola italiana del costume, che ha un segreto: la tradizione artistica. Tutti i maestri della stoffa che hanno fatto e fanno grande il cinema italiano sono legati alla storia dell’arte e delle epoche. E hanno un naturale senso del bello».
Gloria Satta