Corriere della Sera, 9 gennaio 2015
L’ascesa di Matteo Salvini e la chiusura della sede di via Bellerio. Le contraddizioni della Lega Nord e una storia che finisce
Il paradosso è stridente. Matteo Salvini si trova all’apice del suo successo personale, la Lega Nord aspira a essere il secondo partito nazionale, il movimento sta cercando di estendere la sua area di influenza anche al Sud. Eppure, per la storica sede di via Bellerio è ormai il capolinea. Il complesso di palazzine in cui da oltre vent’anni si prendono tutte le decisioni del movimento non ha ancora riaperto dopo la pausa festiva. Lo farà soltanto lunedì prossimo. Ma il suo destino sembra ormai segnato: il partito di Salvini si ritirerà da tutti gli spazi fin qui occupati e si stringerà in quelli che, fino alla chiusura del giornale il primo dicembre scorso, erano la redazione della Padania, un edificio a margine del complesso. Anche se l’ufficio di Bossi è all’ultimo piano dell’edificio principale. L’obiettivo è quello di risparmiare tutto il possibile sulle spese di riscaldamento, pulizia e manutenzione. Il movimento, che si fa assistere dallo studio legale internazione Pwc, Pricewaterhouse Cooper, ha chiesto per i suoi 71 dipendenti la cassa integrazione a zero ore: al massimo se ne salverebbero cinque o sei e l’obiettivo di Salvini è il formare uno staff in gran parte formato da volontari. Di certo, il segretario leghista non è felice dei tagli imposti dall’esaurirsi del rubinetto del finanziamento pubblico. Ma, in realtà, gli edifici di via Bellerio rappresentano una storia esaurita anche per la Lega. Furono la materializzazione dell’idea di Umberto Bossi e ne hanno seguito la parabola. Acquistati nel 1993 per 14 miliardi di lire, furono la rappresentazione della diversità della Lega. Gli altri partiti, pur squassati dall’inchiesta Mani pulite, non avevano ancora rinunciato alle loro prestigiose sedi in palazzi nobili nel centro di Milano: sia la Dc sia il Psi erano nel raggio di poche centinaia di metri da Sant’Ambrogio. Via Bellerio è all’estrema periferia nord della città, zona popolare, negli spazi che furono di una vecchia azienda farmaceutica. Il vecchio quartier generale è stato anche il teatro dell’unica «battaglia» per l’indipendenza della Padania: quando nel 1996 la polizia cercò di perquisire gli uffici della Lega, dai tafferugli che ne seguirono Roberto Maroni uscì malconcio. Fino a qui, i tentativi di mettere sul mercato le palazzine non hanno avuto successo. Ma il fatto che gli edifici siano ormai sovradimensionati era già chiaro a Roberto Maroni quando dispose, da neosegretario, la spending review interna al movimento.