Corriere della Sera, 9 gennaio 2015
Dieci anni senza fumo. Ma da allora solo il 6% dei tabagisti ha rinunciato alle sigarette. Il problema è che dopo Sirchia non sono state sferrate altre azioni significative: Niente leggi per ampliare la rosa dei divieti, né tanto meno campagne di sensibilizzazione. E poi i prezzi non sono mai aumentati in modo drammatico. È tempo di rivedere le politiche antifumo
D omani saranno passati dieci anni dalla rivoluzione della legge che porta il nome dell’ex ministro della Sanità, Girolamo Sirchia. Il fumo fu estromesso da tutti i locali pubblici e privati. La sigaretta sparì da ristoranti, bar, luoghi di lavoro, aree condominiali chiuse. Sopravvisse solo all’interno delle abitazioni. Oggi chi va a cena fuori resterebbe sorpreso nel trovare l’ambiente affumicato e probabilmente protesterebbe. È proprio questo il cambiamento radicale avviato da una normativa che, sulle prime, scatenò la protesta dei ristoratori e sollevò inutili discussioni su come avrebbe dovuto essere applicata per non togliere libertà ai tabagisti. Ora chi non vuole o non riesce a privarsi del piacere-dipendenza della nicotina è consapevole del danno alla salute e del fastidio che può creare al prossimo. Nessuno si azzarderebbe ad accendere la sigaretta in un salotto o in un qualsiasi ambiente dove non è vietata senza chiedere il via libera preventivo. Oltre ad aver educato i cittadini, la legge del 2005 ha raggiunto gli altri due obiettivi per cui era nata. Proteggere dal fumo passivo e incidere sulle abitudini dello «zoccolo duro». Oggi sono circa 11,3 milioni gli italiani che non hanno detto addio ai pacchetti, il 22% della popolazione, il 6% in meno rispetto a dieci anni fa. Peccato che nel tempo l’effetto sia andato scemando. La curva non si abbassa e ultimamente sono venuti con prepotenza a galla due fenomeni che la tengono stabile. L’aumento di donne e giovani, tra i fumatori. Il problema è che dopo Sirchia non sono state sferrate altre azioni significative. Niente leggi per ampliare la rosa dei divieti (tanto per cominciare multe pesanti a chi si dedica al suo vizio alla guida dell’auto, specie se in presenza di bambini) e, soprattutto, per rimborsare cure e farmaci a chi cerca di smettere. Chi si incammina lungo la strada della dissuefazione in centri pubblici deve pagare di tasca propria. Non sono state lanciate inoltre nuove campagne di sensibilizzazione su larga scala né è stata effettuata sufficiente censura sulla propaganda nascosta. Nelle fiction continuano ad apparire scene di attori che compiono il fatidico gesto dell’accensione. E il prezzo dei pacchetti? È lievitato sì, ma secondo piccoli scatti, mai in modo drastico al punto da obbligare i clienti dei tabaccai ad evitare la spesa. È arrivato il momento di rivedere le politiche antifumo per imprimere una nuova svolta come hanno chiesto in una recente lettera al governo decine di società scientifiche.