la Repubblica, 9 gennaio 2015
Alex e Martina, la coppia diabolica: «Violenti, cinici e crudeli, hanno aggredito Pietro con un agguato mafioso. Già protagonisti di atti simili». Parla l’accusa
Alexander a testa alta, lo sguardo impassibile, un braccio lussato nel tutore, l’altro bloccato dalle manette. Martina stretta dentro un piumino blu, col cappuccio tirato fino alla fronte, nascosta dietro il corpo del suo amante, da cui aspetta un bambino.
La “coppia diabolica” che il 28 dicembre ha distrutto il volto e la vita di Pietro Barbini, 22 anni, con un secchio di acido versatogli contro, ha attraversato ieri mattina la folta schiera di giornalisti, fotografi e curiosi, ed è comparsa davanti al giudice delle direttissime. In aula, Alexander Boettcher e Martina Lovato, 30 e 23 anni, hanno rivissuto la follia del loro agguato nelle parole del pm e nella decisione del tribunale di cambiare l’imputazione da lesioni gravi a lesioni gravissime, e così spostare la competenza dal giudice delle direttissime a quello collegiale. «Un’aggressione con modalità da agguato mafioso», ha detto il pm Marcello Musso, titolare delle indagini insieme al procuratore aggiunto Alberto Nobili. «Dai messaggi whatsapp e gli sms tra i due imputati, e anche con la persona offesa», emergono «i motivi abietti del reato, riferiti a rapporti sessuali da ritenersi “particolari”, in un contesto di azione di rivalsa» verso Pietro, che aveva avuto una relazione con Martina ai tempi del liceo. Un’aggressione aggravata dall’uso della «sostanza corrosiva della pelle, scagliata su tutto il volto della vittima».
Un quadro ormai completo, quello raccolto dagli investigatori dell’Ufficio prevenzione generale della Questura, guidati dalla dirigente Maria Josè Falcicchia. La polizia ha acquisito la relazione clinica della vittima, che ha ustioni di terzo grado sul viso, e ha subito «l’indebolimento permanente dell’occhio destro» e la «deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso». Agli atti anche la testimonianza del padre, che ha raccontato agli inquirenti i drammatici momenti di quel pomeriggio. Una testimonianza ripresa nell’ordinanza con cui viene disposta la custodia cautelare. «Boettcher è stato visto dal padre della vittima avvicinarsi da dietro, insieme a una donna indossante felpa con cappuccio – scrivono i giudici Anna Introini, Paola Braggion, Angela Di Gennaro –. E l’uomo, dopo che è stato gettato l’acido sul figlio, lo inseguiva con un martello e, dopo averlo raggiunto, ne nasceva una colluttazione poi conclusasi bloccando l’aggressore e disarmandolo».
Per il tribunale, il carcere è necessario non solo perché i due hanno dimostrato «un’aggressività priva di remore», ma anche per altri casi di violenza in cui sono stati coinvolti. «Un pregresso patteggiamento di Boettcher per un’aggressione con lesioni», e una «denuncia a carico della Levato», sei mesi fa, «per tentate lesioni con un coltello» a danno di un amico. I due, dice ancora il tribunale, possono commettere ancora aggressioni e violenze simili a quella ai danni di Pietro. E la polizia sta già indagando su due casi recenti di agguati con l’acido. «Potevo essere io stessa vittima di mio marito», ha detto nei giorni scorsi anche la moglie di Boettcher, Gorana Bulog, 31 anni, ex miss Croazia, che ha vissuto per dieci anni accanto al marito senza sapere nulla della sua doppia vita, e ora chiederà il divorzio.
Con la formulazione delle nuove imputazioni – lesioni gravissime aggravate dalla crudeltà, dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili – i due imputati rischiano condanne fino a 16 anni. La famiglia Barbini, che ieri si è costituita parte civile, tramite l’avvocato Paolo Tosoni esprime «apprezzamento» per la nuova imputazione, «considerata più aderente ai fatti». E «soddisfazione» viene espressa anche per l’ordinanza di custodia cautelare, che «fa emergere – spiega Tosoni – la gravità degli indizi contro gli imputati, ma anche il profilo della premeditazione». Nella prossima udienza le difese potrebbero chiedere una perizia psichiatrica per i due imputati. «Dalle carte processuali e dalle dichiarazioni in aula della ragazza – replica Tosoni – emerge l’assoluta capacità di intendere e di volere dei due, come anche una chiara lucidità nella pianificazione di quanto commesso».