La Stampa, 9 gennaio 2015
Sofiène Chourabi e Nadhir Ktari, i primi due reporter tunisini decapitati in Libia dall’Isis: «Lavoravano per un canale satellitare contrario alla fede. Nei loro confronti è stata applicata la forza della legge di Allah»
I reporter tunisini Sofiène Chourabi e Nadhir Ktari sono le prime vittime dello Stato Islamico in Libia. Catturati lo scorso 8 settembre ai confini con la Tunisia, mentre erano impegnati a realizzare un reportage per «First Tv» sul dopo-Gheddafi, Chourabi e Ktari sono stati giustiziati ieri e a darne notizia è stato un comunicato online dello Stato Islamico (Isis), spiegando che «lavoravano per un canale satellitare contrario alla fede» e di conseguenza «nei loro confronti è stata applicata la forza della legge di Allah».
Fedeli al califfo
L’annuncio è arrivato dalla Provincia di Barqa, a Sud di Bengasi, lasciando intendere la volontà di Isis di sfruttare l’esecuzione per attestare il controllo su un preciso territorio in Libia, facendo seguito all’annuncio di novembre sull’adesione formale della città di Derna al Califfato guidato da Abu Bakr al Baghdadi. Per avvalorare l’esecuzione, Isis ha diffuso quattro immagini dei due ostaggi tunisini, scattate al momento dell’arresto, dove si vedono affiancati da un miliziano jihadista in tuta mimetica con il volto coperto.
Il governo tunisino aveva più volte tentato di liberare i due reporter e ora afferma di «non disporre di prove certe sulla loro esecuzione». Per quasi quattro mesi Tunisi ha tentato senza successo di riuscire ad intavolare una trattativa con i sequestratori jihadisti che sembrano però aver voluto gestire il sequestro soprattutto per avvalorare l’insediamento dello Stato Islamico nell’ex nazione del colonnello Muammar Gheddafi.
Ottocento veterani
La Cirenaica d’altra parte è una delle roccaforti dei gruppi salafiti e jihadisti sin dagli Anni Novanta – quando sfidavano il colonnello mandando in giro dei cani «impuri» con scritto il suo nome sulla schiena – e il generale americano David Rodriguez, capo del comando Africa del Pentagono, in dicembre ha parlato di possibili «campi di addestramento» di Isis nella Libia orientale, precisando però che si trattava di «strutture di dimensioni minori». Il Pentagono non è ancora in grado di affermare se il Califfato di Derna, come l’uccisione dei due reporter, sia opera di jihadisti arrivati da altri Paesi oppure di cellule locali mentre per la commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti Usa i libici sono «una delle 21 cellule di Al Qaeda intorno al mondo che hanno offerto i propri servigi al Califfo Abu Bakr al-Baghdadi» e Derna sarebbe controllata da circa 800 libici veterani di Isis.
Le paure dell’Egitto
Si tratta di una località strategica perché situata a breve distanza tanto dal confine egiziano che da Tobruk, la rocca dove ha sede il governo libico fuggito da Tripoli, che consente ad Isis di avere un proprio ruolo nella guerra fra milizie in atto in tutto il Paese. L’Egitto teme il rafforzamento degli islamici lungo i suoi confini fino al punto da aver creato una zona cuscinetto de facto, in territorio libico, al fine di impedire il traffico di volontari ed armi dalle milizie jihadista tunisine e quelle che operano nel Sinai, a cominciare da Bait al Maqqdis anch’essa legata dallo Stato Islamico.