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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

Ci vogliono circa 200 milioni di euro per portare via Messi al Barcellona. Sembrava solo fantamercato, ora è possibile. La Pulce ha litigato con il mister Luis Enrique e sta pensando di cambiare area. Ecco i club che potrebbero entrare nel più grande affare della storia del calcio

I giocatori straordinari non sanno solo vincere partite da soli, cambiare la geografia del tifo, entusiasmare il mondo, sono in grado di smontare un club. Succede.
Lionel Messi non è la sola stella che ha causato il terremoto dentro una società, spesso quando i talenti si spostano i cicli finiscono ma stavolta l’implosione è pubblica, continua, un pezzo al giorno e il Barcellona ormai è in piena emergenza, tanto che il suo attuale presidente Bartomeu ieri ha annunciato le elezioni anticipate. Il club si sottometterà presto al voto dei soci perché la confusione è totale: «La priorità è abbassare la tensione». I blaugrana hanno perso il direttore sportivo, sono banditi dalle prossime due sessioni della campagna acquisti e anche se hanno passato il turno di Champions in testa al girone e in campionato hanno solo un punto in meno (e una partita in più) del Real Madrid capolista la formazione sembra sull’orlo di una crisi di nervi. O più semplicemente di un fuggi fuggi generale.

Pulce o piccolo dittatore?

In mezzo al caos la questione più delicata resta il mal di pancia di Messi, la finta gastroenterite che gli ha fatto saltare l’allenamento dopo la panchina mal digerita e il reale fastidio per un ambiente che un tempo considerava casa. La Pulce ha sempre avuto l’insofferenza facile, persino ai tempi di Guardiola, nel 2011, ha saltato un pomeriggio di lavoro dopo una sostituzione di troppo. Allora la catena di comando era solida e le vittorie asfaltavano le incomprensioni. Ora è diverso: dal 2013 Messi si sente meno protetto. La società non lo ha sostenuto nel processo con il fisco, il suo caro amico Fabregas se ne è andato ben felice di lasciare la compagnia, Tata Martino, oggi ct dell’Argentina, ha liquidato la parentesi Barça come «un totale fallimento» e chiarito che il gruppo aveva troppi guai per una programmazione serena. Tutti segnali di allarme, al resto ci ha pensato Luis Enrique.
Luis Enrique anti-talenti
L’allenatore ha esordito nella prima conferenza stampa di stagione con l’illuminante frase: «Il fulcro di questa squadra sono io». In teoria spiegava che Messi e Neymar non dovevano contendersi il ruolo di stella e in pratica replicava il trattamento riservato a Totti alla Roma. Metodo che non sembra dare risultati brillanti. Una guida testarda, una struttura indebolita, la normale flessione di una squadra che ha vinto tutto, dirigenti poco preparati ad affrontare la crisi e pure la politica giovanile messa in questione dalla squalifica Fifa. Quanto basta per non sentirsi più troppo comodi con la camiseta blaugrana.
Trattativa da fantacalcio
Messi è stufo ma partire è complicato e gli strappi non gli sono concessi: il Barcellona lo ha cresciuto, guarito, accontentato e va bene cercare una seconda vita altrove però ci vuole il dovuto garbo. Il quattro volte Pallone d’Oro ha da poco rinnovato il contratto e la clausola di rescissione dice 250 milioni. Anche se la cifra diventasse trattabile, vista la volontà del giocatore di cambiare aria, resta un cartellino stimato sui 172 milioni e uno stipendio da 20 milioni l’anno. Insomma per meno di 200 milioni è quasi impossibile che Messi diventi davvero uomo mercato eppure gli approcci per tentare la trattativa si fanno pressanti. Prima il Psg, in realtà bloccato dal Fair play finanziario, ora il Chelsea che avvicina cauto il padre-procuratore di Leo. Non si parla del mercato di inverno ma del prossimo anno. E di un’altra dimensione. I 100 milioni per Bale sembreranno niente di fronte a questo contratto, ammesso che qualcun o abbia davvero il coraggio di metterci la firma.