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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

«Ho vinto la mia battaglia. Ora mio figlio ha due mamme anche per la giustizia italiana». Parla la donna che ha ottenuto dalla corte di appello di Torino il diritto di registrare all’anagrafe il suo bambino, nato all’interno di un matrimonio gay, celebrato in Spagna nel 2009

«A Natale, mio figlio ed io, eravamo in Italia, con mio fratello, mia padre e mia madre. Felici? Di più, felicissimi. Diventare mamma, e fare la mamma, è un’emozione infinita, unica che non ti lascia mai. Ora è qui, a Barcellona, con l’altra mamma».
Eccola qui al telefono, alle 8 di sera, la donna italiana, oggi residente a Barcellona, che ha ottenuto dalla corte di appello di Torino il diritto di registrare all’anagrafe il suo bambino, nato all’interno di un matrimonio gay, celebrato in Spagna nel 2009. Lei è la mamma donatrice dell’ovulo. L’altra mamma, la sua ex compagna, è colei che l’ha portato in grembo per nove mesi. Il donatore di seme, ovviamente, è anonimo, come per ogni fecondazione eterologa.
Lo sa che la sua vicenda è diventata un caso in Italia?
«Lo so, eccome. Sono anni che ci battiamo affinché il nostro bambino venga registrato anche all’anagrafe in Italia. E finalmente è arrivata questa sentenza. Se ho fatto, se abbiamo fatto tutto questo è soltanto per il nostro bambino».
Che cosa intende dire?
«Che per l’Italia io sono nulla. Per la Spagna, invece, sono una delle due madri. Ma per il Paese dove sono nata, e dove il mio piccolo ha una famiglia, sono zero. E questo avrebbe potuto causare dei problemi anche a lui».
Di che tipo?
«Pensi ad una emergenza sanitaria, dove serve il consenso di almeno un genitore. Oppure ad una eventuale eredità, un giorno. Se io non sono un genitore lui non ha diritto a nulla. Certo, mi fido della mia famiglia, ma certe cose debbono essere chiare».
E quando viaggia con lui come fa?
«Il bimbo ha entrambi i cognomi. E poi porto sempre con me il libretto dell’anagrafe, un documento spagnolo in cui è scritto tutto. Ora con questa sentenza diventerà tutto più facile».
Qui è complicato forse perché non ci sono famiglie formate da due papà o due mamme. Non crede?
«Invece ce ne sono tante, mi creda. Ma vivono come i separati degli Anni 50, da clandestini. Magari abitano sotto lo stesso tetto, ma non hanno diritti. Non possono dire siamo entrambi mamma o entrambi papà. Non possono dire ci amiamo e abbiamo creato una famiglia».
Scusi, ma i suoi parenti sono a conoscenza di tutto questo?
«Certo che sì. Mi hanno sostenuta e aiutata. Frizioni? Mai. E se c’erano perplessità sono state cancellate dalla nascita».
E il vostro bambino come vive questa anomalia?
«Benissimo. Con me parla italiano, con l’altra mamma spagnolo. Ci presenta come la mamma italiana e la mamma spagnola. E poi, devo dirlo, questa è un’anomalia italiana. In Spagna è una situazione assolutamente normale. E i documenti ufficiali prevedono, in casi come il nostro, le diciture Mamma A e Mamma B, o Papà A e Papà B».
In tema di papà, lui non vi chiede mai dov’è?
«Guardi che mio figlio sa come stanno le cose. Gli abbiamo spiegato tutto e con un linguaggio adatto ai bambini».
Ha detto ex compagna, siete separate?
«Sì, da qualche tempo: abbiamo l’affidamento congiunto. Lui ha due case, due mamme e tanto amore. Se abbiamo fatto tutto questo è solo per lui».
Sa che, nonostante la sentenza, ci sono perplessità per la registrazione in Italia?
«Noi non ci fermiamo: è un diritto va riconosciuto al bambino».