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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

Per i giudici i boss di Mafia Capitale fecero «il salto di qualità» quando fu eletto sindaco Gianni Alemanno: fino a quel momento il clan operava «in un ristretto ambito territoriale nel settore delle estorsioni, dell’usura, delle rapine e delle armi. Ma con il passare del tempo si è notevolmente ampliato sia nel numero dei partecipanti sia nei settori di intervento»

All’inizio era solo un’organizzazione criminale di strada. Poi in Campidoglio è arrivato Alemanno. E per loro sono arrivati gli affari, «il monopolio dell’acquisizione degli appalti dei servizi del Comune». Non hanno dubbi i giudici del tribunale del Riesame che Mafia Capitale «il salto di qualità» lo abbia fatto nel giorno in cui è stato eletto sindaco l’ex ministro di An. Ed è quello, secondo loro, uno degli spartiacque nella storia di un clan che, fino a quel momento «operava in un ristretto ambito territoriale nel settore delle estorsioni, dell’usura, delle rapine e delle armi. Ma con il passare del tempo si è notevolmente ampliato sia nel numero dei partecipanti sia nei settori di intervento».
L’ESCALATION CRIMINALE
«Le ragioni di tale espansione – continuano i giudici nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di Massimo Carminati, Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Fabrizio Testa ed Emilio Gammuto – devono essere ricondotte, in primo luogo, al fatto che, a seguito della nomina di Alemanno, molti soggetti collegati a Massimo Carminati da una comune militanza politica nella destra sociale ed eversiva ed anche, in alcuni casi, da rapporti di amicizia, avevano assunto importanti responsabilità di governo ed amministrative nella Capitale». I giudici fanno poi i nomi di questi “vecchi amici” tra i quali vengono citati l’ex ad di Ama, Franco Panzironi e il consigliere regionale, Luca Gramazio.
LA JOINT VENTURE CON BUZZI
«Sotto altro profilo – continua il collegio presieduto da Bruno Azzolini – il salto di qualità dell’attività dell’associazione è avvenuto grazie all’accordo con Buzzi, conosciuto da Carminati in ragione del comune passato criminale». Un’intesa «che ha consentito all’associazione di pervenire a un sostanziale controllo sull’intera attività del Comune di Roma e delle sue partecipate in quei settori nei quali operavano le cooperative di Buzzi» che «hanno accresciuto enormemente e in poco tempo la loro capacità di intervento ed il fatturato, passato da 26 milioni di euro nel 2010 a oltre 50 nel 2013». In definitiva, scrivono le toghe, «un’associazione criminale operante in Roma nel recupero crediti si amplia ricomprendendo nella propria area di interesse anche il settore economico e quello legato alla pubblica amministrazione». Tanto che all’intimidazione si affianca la corruzione, «necessaria per consolidare la propria posizione monopolistica» e per «ridurre i rischi per l’associazione» perché i corrotti non denunceranno mai.
IL “MITO” DEL CECATO
I giudici della Libertà sposano in pieno la tesi dei pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli e dei carabinieri del Ros, secondo cui quella di Carminati è a tutti gli effetti un’associazione mafiosa. E il capo, incontrastato, è lui. Un uomo «pericoloso» che considera «il delitto come naturale modo di espressione della propria vita». Una persona «violenta» e «cinica» con grandi «capacità di infiltrazione nel settore politico, imprenditoriale ed economico anche con metodi corruttivi». I magistrati lo definiscono «fulcro», «etoile». «È proprio la “paura de lui” la chiave che consente di aprire tutte le porte, anche quelle della pubblica amministrazione». Perché «la sua personale storia criminale ha certamente contribuito ad accrescerne la “fama”. La contiguità con la Banda della Magliana, l’appartenenza ai Nar, il coinvolgimento in processi di straordinaria importanza mediatica, quali quello sulla strage di Bologna, l’omicidio Pecorelli e quello del furto al caveau, sono indubitabilmente circostanze che hanno reso Carminati personaggio criminale di eccezionale notorietà». Da alcune accuse, poi, è stato assolto. E anche questo, secondo il Riesame, ha contribuito a creargli «la nomea di “intoccabile”, di personaggio in grado di uscire indenne da ogni situazione in ragione di oscuri collegamenti con centri di potere ai massimi livelli».