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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

Ecco emergere tutto il marcio del Pd romano. Lo scandalo di Mafia Capitale ha dato il via ai controlli nelle 146 sedi dem della città, tra circoli vuoti e tessere false. La denuncia di un pensionato portato a votare nell’ufficio di Coratti (poi incendiato): «Mi hanno ingannato. Sono di centrodestra»

Fatto centro in via dei Giubbonari, nello storico circolo tra piazza Farnese e Torre Argentina, il rischio che la sinistra trascolori fino a divenire nero fumo è direttamente collegato alla distanza che separa il cuore di Roma dalle sue borgate. Più ci si allontana dalla città eterna più il Pd diviene preda di piccole imprese della clientela, gruppi di pressione, lobby dalle identità incerte.
Nella mappa del rischio politico il quartiere Talenti, ad est della città, figurava per esempio tra le prime posizioni. Ed infatti ad inizio d’anno una bomba (vera) è scoppiata in un circolo (finto). Si temono altre cattive notizie, ed altri sospetti (tra il Prenestino e il Casilino, l’Aurelia e Boccea) illuminano la prima, straordinaria attività di zonizzazione delle clientele che un partito abbia mai tentato. Roma, in questo caso, è all’avanguardia della sperimentazione.
La bomba di Capodanno non è dimenticata, rimossa sì. Già ripulito l’ufficio, tolta l’insegna dalla stanzetta in cui Mirko Coratti, consigliere comunale, fatturava i profitti politici della sua piccola impresa, messa su in via della Bufalotta, dentro Talenti, l’est di Roma. Un’impresa sorta all’interno di un’azione parallela e autonoma di esercizio della professione politica. Giovane, arrembante, deciso. Votato a raccogliere, nei suoi passaggi da un partito all’altro, il meglio delle opportunità e sul mercato delle preferenze il massimo risultato possibile. Infatti s’era visto.
Primo tra gli eletti, aveva conquistato la poltrona di presidente del consiglio comunale. “L’abbiamo letto dai giornali, a noi non risultava quel circolo, e infatti è una sede privata”, dice Silvia Zingaropoli che insieme ad altri dieci volontari, sotto la guida di Fabrizio Barca e su mandato del commissario Matteo Orfini, hanno il compito di “mappare” il partito romano, radiografarne il corpo, saggiarne l’esistenza in vita.
Hanno saputo dai giornali della bomba che mani oscure hanno fatto esplodere nell’ufficio del presidente del consiglio comunale rimasto impigliato nella rete di Mafia capitale, e certo non è stato un bell’inizio.
Per Coratti è un atto attribuibile “alla rabbia”, o anche “all’antipolitica”, a un moto popolare di ribellione che ha trovato in lui (si è sospeso dal partito e si professa innocente) un capro espiatorio perfetto. Gli inquirenti sembrano più cauti e cercano invece prove al sospetto che quello scoppio sia invece nel manuale tipico dell’intimidazione, un segnale di scuola dal tono inequivocabile.
Domanda: dov’è finito il partito, nelle mani di chi? “Sono molto preoccupato”, ha confidato Orfini. E ha ragione di esserlo perchè il timore è che altri uffici paralleli vengano alla luce, insieme a liste elettorali e tessere fasulle, congressi farsa, gruppi dirigenti fuori dalla condotta statutaria in un monopoli di cointeressenze, clientele, amicizie, e lucrosi vantaggi economici.
A Roma – magari obtorto collo – si inizia a fare quello che in verità dovrebbe essere realizzato con urgenza in ogni luogo di Italia. Da qualche settimana in un circolo del quartiere Monteverde un gruppo di volontari amanti della ricerca e della statistica, hanno iniziato l’esame delle 146 sedi di cui si compone il distretto politico del Pd. Devono appurare anzitutto se sono vere o finte. Si sono dati il compito di distinguere il partito “buono” da quello “cattivo”. I circoli stimabili e le zone off limits. I militanti certi dagli incerti. Perchè la realtà supera purtroppo la fantasia.
E una lettera del 5 settembre scorso inviata al segretario, poi commissariato, della federazione romana, è pietra fondativa di dove il relax dei costumi possa portare. La lettera, scritta da un pensionato e acclusa a una denuncia della coordinatrice del circolo “Versante Prenestino”, recita: “Io sottoscritto A.C dichiaro di non aver mai voluto essere iscritto al Partito democratico in quanto il mio orientamento politico è sempre stato di centro destra e che il giorno 5 novembre 2013 sono stato portato con l’inganno a votare in quanto nessuno mi aveva specificato che era il congresso del Pd e che i venti euro che mi sono stati dati servivano a pagare l’iscrizione. Il presidente Scipioni aveva contattato sia me che altri anziani del quartiere di Castelverde e ci aveva chiesto di andare a votare perchè ci avrebbe aiutato ad aprire il centro anziani. Quel giorno alcuni uomini di sua fiducia ci hanno dato venti euro e ci hanno detto chi votare”.
Uno, dieci, mille iscritti così? Era stata Valeria Spinelli, coordinatrice di un circolo sulla Prenestina, a denunciare l’enorme business politico che l’aveva costretta a sospendere le votazioni congressuali. Nonostante questa decisione un congresso finto si era tenuto ugualmente, con iscritti estranei al registro ufficiale senza che la commissione di garanzia trovasse da obiettare alcunchè.