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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

Da Roma a Napoli, il lungo doppio addio a Pino Daniele. Ai funerali da Venditti a Jovanotti, da Renato Zero a Romazzotti, tanti colleghi al Divino Amore. Poi una folla commossa a piazza del Plebiscito. Il cardinale Sepe: «Ha denunciato le sofferenze, le colpe, per scuotere le coscienze»

Roma lo saluta in mattinata con una folla addolorata e composta. Poi Napoli, a sera, lo avvolge del suo struggente, immenso abbraccio. Doppio funerale per Pino Daniele. Ma è nella sua città che, in un Plebiscito gremito di oltre centomila persone, si dispiega l’onda dell’affetto, del rimpianto, della memoria. E del canto corale. Era “uno di famiglia”, resta uno di loro, sopra le pieghe della vita, delle scelte. Sono migliaia, comitive, gruppi, famiglie, quelli arrivati a dirgli addio: cittadini dai 6 agli 80 anni. Mischiati a fan, politici, attori, cantanti, scrittori. Con un effetto straniante che, a celebrazione conclusa, invade la piazza: la sua salma è sempre in quella bara coperta di rose bianche ma dagli amplificatori partono i suoi pezzi, accarezza e spacca la voce di Napule è, Quando, Qualcosa arriverà, Quanno chiove, Je so’ pazzo. E la gente canta non per lui, ma con lui.
Un grido arriva ai piedi di Palazzo Reale, dopo il tam tam dallo scalo di Capodichino. Sono le 18.20. “Pino è tornato”. Poi lo aspettano in silenzio, una folla, ma stasera piazza del Plebiscito è muta, anche se pienissima come in quel settembre del 1981, la data di un concerto memorabile di Pino diventato patrimonio musicale, memoria collettiva, materia di culto. Poi un boato saluta la comparsa del feretro: il primo di una lunghissima serie di applausi e di cori “Pino, Pino” seguiti dal verso di una canzone E tu ‘ o saje ca’ nun si’ sulo, lo sai che non resti solo. Tra la gente, tantissimi volti noti, Alessandro Siani, Nino D’Angelo, Enzo Gragnaniello, Rino Zurzolo, Lello Esposito, Maurizio De Giovanni, oltre al sindaco Luigi de Magistris. In mezzo alla folla anche l’ex governatore Antonio Bassolino, amico di Pino. Un colpo d’occhio che commuove il corteo composito dei familiari, che prendono posto su una pedana a lato del palco: le tre donne della sua vita, i suoi cinque figli, i cinque fratelli, tra cui due sorelle non vedenti. Dopo l’ennesimo rischio di incidente “emotivo” dietro le quinte, con uno dei figli del cantante che vorrebbe persino impedire al cardinale Crescenzio Sepe di pronunciare l’omelia per dare spazio solo al prete di famiglia, padre Renzo Campetelli, comincia finalmente la messa. Coro polifonico, violini, incenso. Il cardinale Sepe ricorda l’artista che «ha onorato Napoli ma senza protagonismi né eccessi», dice che «ha denunciato le sofferenze, le colpe per scuotere le coscienze», cita «il suo talento raffinato», «la sua musica è poesia, messaggio di cultura. E come sempre, la cultura fa crescere, unisce». Poi l’arcivescovo pone l’accento «sul valore profondo e umano» del cantante e approda ai bisogni di una città travagliata. «È di uomini come lui che Napoli ha bisogno. Napoli vuol essere soprattutto amata e non strumentalizzata o sfruttata», insiste Sepe seguito da applausi scroscianti. Poco dopo è padre Renzo, francescano che conosceva bene Pino e la sua famiglia, a dare la sua testimonianza. Premette: «A Roma ha avuto un funerale commovente ma qui voi siete grandiosi, uno spettacolo per l’anima». Altro boato. Aggiunge: «Lui neanche l’avrebbe voluta forse una cosa così, e adesso chissà che risate si starà facendo lassù. Ma se l’è meritato». Poi intimista: «Pino è morto implorando Padre Pio negli ultimi minuti, lo amava molto. E portava sempre con sé una coroncina del Rosario, Oltre a essere un grande artista era un credente, un cristiano come noi. Sappiamo che lo rincontreremo». Mentre va in scena un funerale che resterà nella storia, a pochi metri, nel cuore del rione Sanità, un commando di camorra spara nove colpi e uccide un ventenne. Sono passate quasi due ore, la piazza non ne vuole sapere di andar via. Dopo la benedizione partono i suoi pezzi, Napule è mille culure, Voglio ‘ o mare. La voce di Pino copre tutto, dolore, amarezza, ricordi. È la commozione di un popolo che sogna e non sa cambiare.
In mattinata è Roma ad accogliere Pino tra gli applausi e le lacrime, con la corona del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, i carabinieri in alta uniforme, e la sfilata degli amici cantanti, Ramazzotti, Venditti, la Mannoia, Jovanotti, Antonacci, i Negramaro, Renato Zero, Irene Grandi, Mengoni, Renga, Avitabile, Gragnaniello, James Senese, Tony Esposito, De Piscopo, Nino D’Angelo, Gigi D’Alessio, il giovane Rocco Hunt e Clementino. È un luogo “non luogo” il Santuario del Divino Amore, in migliaia si accalcano per seguire la sfilata dei “vip”. Padre Renzo, che accompagnerà Pino anche a Napoli, si rivolge ai cinque figli dell’artista, Alessandro e Cristina nati dall’unione con Dorina Giangrande, Sara, Sofia e Francesco nati dal matrimonio con Fabiola Sciabbarasi. Sono seduti in prima fila, poco più in là prende posto l’ultima compagna del cantante, Amanda Bonini. Le due donne non si rivolgono la parola.
Schietto e affettuoso, il frate invita i ragazzi a restare uniti: «È il regalo più bello per Pino, se no avrebbe fallito come uomo e come padre. Da parroco ho sempre detto ai vecchietti: mangiatevi tutto, ai figli lasciategli i debiti. Si uniranno per pagare i debiti ma si scanneranno anche per quattro stracci. Mettiamo nelle mani di Dio il metro con cui verremo giudicati». Esorta «i cosiddetti vip» ad abbandonare superbia e ipocrisia. «Quando saremo lassù non ci verrà chiesto conto del nostro successo sulla terra ma saremo giudicati con la stessa misericordia che abbiamo riservato ai fratelli». Poi un passaggio sugli scandali legati all’inchiesta di Mafia Capitale: «Guardate quanti banditi ci governano, ‘sti pupazzi di politici come ci hanno ridotto, uno più magnaccia dell’altro. Salvate la famiglia, ci è rimasta solo quella». Applausi. «Lasciate un bel ricordo. Pino è già in paradiso ma pregate per lui».
Il feretro esce dalla basilica sulle note di Napul’è, cantano tutti. Amanda, le cui rose rosse spiccano in mezzo ai fiori bianchi dei figli, si limita a dire: «È stato un grande amore». Il lungo addio è appena iniziato.