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 2015  gennaio 08 Giovedì calendario

Per fermare la lunga discesa dell’Europa verso la deflazione è in arrivo la cura Draghi. I mercati però rimangono scettici e chiedono un intervento più deciso: il limite di 500 miliardi previsto dalla Bce è considerato insufficiente. E i numeri italiani rendono più difficili gli sforzi di Super Mario

Ad eccezione della Finlandia, la più esposta al caos russo, l’Italia è il solo Paese d’Europa che abbia visto la disoccupazione salire sostanzialmente nell’ultimo anno. È anche quello che l’ha vista aumentare più in fretta, di un altro 1% e di ulteriori 250 mila persone inutilmente in cerca di qualcosa da fare. Nel frattempo l’armata dei senza lavoro si è ridotta del 2% in Spagna e in Grecia, dell’1,5% in Portogallo e in Irlanda, mentre la Francia non segna cambiamenti importanti e la Germania sta toccando dei minimi storici.
Non è una tendenza nuova. Non lo è neanche ora che l’Europa si trova sul fondo di una discesa lunga un anno e mezzo verso la deflazione. Dai picchi del 2007, in termini di reddito per abitante l’Italia ha già perso 24 punti percentuali di crescita rispetto alla Germania, 22 sugli Stati Uniti, 16 sul Giappone, 12 sulla Francia, dieci sulla Spagna. È in controluce di questi andamenti – niente affatto uguali per tutti – che va saggiato l’effetto degli acquisti di titoli pubblici in preparazione in questi giorni alla Banca centrale europea. Molti contano su di essi perché irrompa sul mercato una forza finalmente capace di fare la differenza. L’esperienza italiana di questi anni e l’evoluzione dei mercati di questi giorni raccontano invece un’altra storia: da sola, la Bce non cambierà granché per l’economia italiana e probabilmente neanche per Eurolandia. Non ci riuscirà se l’Italia non inizia ad aiutare se stessa molto di più, e se gli acquisti di titoli pubblici resteranno limitati ai 500 miliardi di euro che la banca centrale per ora sta segnalando ai cittadini e agli investitori.
Questa è almeno la conclusione alla quale i mercati stessi sono approdati da molte settimane. Le idee di chi aspetta le mosse della Bce sono già scritte nei prezzi sugli schermi delle sale operative di tutto il mondo. Probabilmente la banca centrale comprerà obbligazioni emesse dai vari Stati più o meno in proporzione al peso delle diverse economie nell’area euro: circa il 30% di titoli tedeschi, il 21% di francesi, il 17% di italiani e così di seguito. E le quotazioni di tutti quei bond hanno già risposto all’attesa delle mani forti dell’Eurotower. I rendimenti dei Bund tedeschi sono addirittura negativi fino alle scadenze quinquennali: c’è chi accetta di pagare, non solo di non guadagnare niente, pur di partecipare a prestiti che la Repubblica federale tedesca rimborserà nel 2020. Persino lo Stato italiano, malgrado il suo debito in aumento continuo, riesce ormai a finanziarsi con rimborsi previsti fra dieci anni offrendo rendimenti ben sotto al 2%.
Gli investitori dunque sono convinti che la Bce agirà e hanno preso posizione come se lo stesse già facendo. Il solo problema è che non sembrano credere neanche per un attimo che la banca centrale otterrà il risultato che desidera: riportare la dinamica dei prezzi verso l’alto, su livelli meno corrosivi per gli investimenti, i consumi e il tasso di occupazione. Le attese di inflazione iscritte nei prezzi di mercato continuano a segnalare infatti che avverrà il contrario: se la Bce si limitasse a eseguire il suo piano attuale, sull’Europa continuerebbe a incombere la minaccia della deflazione. In agosto, per esempio, il presidente della Bce Mario Draghi aveva indicato come misura dei prezzi nel lungo periodo un contratto future che esprime il tasso di inflazione a cinque anni previsto fra cinque anni. Gli addetti ai lavori lo chiamano «5y5y forwards» e adesso dovrebbe segnalare la svolta in arrivo. Da quando Draghi ne ha parlato però quell’indice ha continuato a scendere drammaticamente malgrado tutti gli annunci di interventi della Bce, e ieri ha toccato nuovi minimi con una stima d’inflazione fra dieci anni ad appena l’1,54%. Gli investitori aspettano gli acquisti dell’Eurotower per incamerare nuovi profitti sui titoli di Italia o Spagna, ma non pensano che possano portare una svolta all’economia.
La vera battaglia per l’euro inizierà dunque il giorno dopo l’avvio del programma di Draghi. Presto molti diranno che la Bce deve accelerare e ampliare gli interventi, o fallirà nel proteggere l’Europa dalla deflazione. Ma più si diffonderà il sospetto che gli acquisti servono solo a tenere a galla l’Italia – il Paese che non aiuta se stesso, l’ultimo a uscire dalla recessione – più dura sarà per Draghi trascinare la Bce ancora un altro, faticosissimo passo in avanti.