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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Caso Lorys. Veronica è sola. Neanche il marito, Davide Stival, le crede più: «Non posso più sentire le tue bugie»

Carcere femminile di Agrigento. Un uomo e una donna si avvicinano l’uno all’altra, nella sala colloqui. Lei gli va incontro, vorrebbe un abbraccio, una carezza, vorrebbe sentire il calore delle mani di quell’uomo. Ma gli agenti della polizia penitenziaria che seguono a distanza l’incontro vedono lui ritrarsi. «No, Veronica, per favore...non posso». E lei capisce da quel gesto che questa partita l’ha perduta. Suo marito, l’uomo che l’ha tanto amata, non le crede più.
Davide Stival ci ha provato, ieri. Ha voluto guardare negli occhi la donna che per dieci anni ha creduto moglie e madre esemplare, la stessa che la procura di Ragusa accusa di aver ucciso il figlio Lorys, otto anni, strangolato e buttato in un canale a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. «Ho voluto darle una possibilità» ha detto Davide al suo avvocato, Daniele Scrofani Cancellieri. «Ma lei insiste con le bugie e per me i ponti si chiudono qui».
Un’ora assieme, la prima da quando Veronica Panarello è in carcere. Lei lo aveva supplicato più e più volte: «Ti prego, Davide, non abbandonarmi. Io non ho ucciso il nostro Lorys». Lui ci ha pensato a lungo e alla fine ha deciso che la madre del suo bambino perduto e di Diego, il più piccolo di casa, meritava una chance. Una specie di prova del fuoco per quest’uomo mite che voleva capire, più di quanto non sappia già, dagli occhi e dalla voce di sua moglie. «Dimmi la verità, non raccontarmi bugie e io cercherò di aiutarti, proverò farti uscire da qui. Dammi la possibilità di aiutarti, te lo chiedo per favore...» l’ha supplicata. «Ma perché non mi credi? Non sono stata io: quella mattina l’ho portato a scuola, è questa la verità» ha giurato lei ancora una volta.
Ma nella mente di Davide scorrevano le immagini delle telecamere di Santa Croce, quelle viste assieme agli inquirenti la notte che Veronica è stata arrestata: la Polo nera di sua moglie che seguiva un percorso diverso da quello raccontato da lei... la sagoma di Lorys che usciva di casa e invece di salire in macchina tornava indietro... l’auto che correva in direzione del Vecchio Mulino, proprio dove c’è il canale.
Le domande arrivano da sole: «Ho i visto i video, perché ti ostini a raccontare un percorso che non hai fatto?». «Non ho detto bugie. Ho fatto la strada che ho detto». «Ma si vede la macchina e non va verso la scuola...». «Io l’ho portato a scuola». «Non mentirmi, Veronica. Si vede Lorys che torna a casa. Non è mai andato a scuola». «Non è vero, si vede un’ombra e non è Lorys. Io l’ho lasciato vicino alla scuola».
Veronica piange, è fin troppo evidente che lui non crede a una parola. Chiede di Diego, vorrebbe vederlo, è disperata. Ma Davide non segue la sua emotività, la guarda con distacco, la incalza. «Stai cercando di coprire qualcuno? C’è qualcuno che ti minaccia o che minaccia Diego? In paese si dice che avevi un amante, che forse stai proteggendo lui... Si dice che Lorys forse ha visto qualcosa. Può essere per questo che non vuoi parlare? Dimmi come stanno le cose, ti prego. A questo punto me lo puoi dire». Ancora una risposta decisa, razionale: «Non sto coprendo nessuno. E se anche ci fosse stato un amante ti pare che potrei pensare di coprire lui davanti al nostro bambino ammazzato? Si può mai pensare di ammazzare un figlio per salvare il matrimonio? Mi conosci. Non so come fai a pensare a quello che si dice in paese dopo dieci anni passati con me, non posso credere che tu mi pensi capace di una cosa del genere...».
Un’ora e un milione di parole rimaste in sospeso. Il tempo è bastato appena per capire che le strade di Veronica e di Davide sono ormai divise, forse per sempre. «Tornerai a trovarmi?» «No, mi dispiace. Non posso più sentire le tue bugie».
Carcere femminile di Agrigento. Un uomo e una donna si salutano nella sala colloqui. Sanno tutti e due che potrebbe essere un addio.