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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Ora conosciamo gli effetti del decreto “Salva Ilva” in vigore da lunedì scorso. Dopo che Monti stabilì che l’acciaieria restava aperta contro la decisione della magistratura, Letta che tagliava fuori i Riva, adesso Renzi li estromette definitivamente. Lo fa, però, mettendo pochissimi soldi sul piatto delle bonifiche, dando carta bianca al commissario e con pesanti deroghe al rispetto delle prescrizioni ambientali. Gli ambientalistiparlano di “condono”

Approvato la vigilia di Natale, l’ennesimo decreto “Salva Ilva” è legge da lunedì scorso. E da ieri se ne conoscono i pesanti effetti. Dopo che Monti stabilì che l’acciaieria restava aperta contro la decisione della magistratura, Letta che tagliava fuori i Riva – commissariandola – il settimo decreto di Matteo Renzi li estromette definitivamente. Lo fa, però, mettendo pochissimi soldi sul piatto delle bonifiche, dando carta bianca al commissario e con pesanti deroghe al rispetto delle prescrizioni ambientali. Quelle che fanno infuriare gli ambientalisti, Verdi in testa, che parlano di “condono”. Promemoria: il premier si è convinto della necessità di una nuova “operazione Alitalia”. Tradotto: con una piccola modifica alla legge Marzano (fatta per Parmalat), parte l’amministrazione controllata su richiesta del commissario Piero Gnudi. Poi lo schema è noto: la parte sana – la good company – va in mano al futuro commissario (stando al testo, lo stesso Gnudi), mentre debiti e contenziosi finiscono in una bad company, con la garanzia dello Stato. Questo, però, nel testo del governo non c’è. C’è però molto altro.
COMMISSARIO-IMPUNITÀ
Viene lasciata carta bianca al nuovo commissario e ai suoi incaricati nell’attuazione del piano ambientale previsto dall’Autorizzazione integrata, quella che dovrebbe fare in modo che l’Ilva non uccida più i tarantini: non rischieranno nulla sul piano penale e civile. Il perché è presto detto: stando al testo, molte delle prescrizioni sanitarie non verranno rispettate. Il cavillo disinnesca così qualsiasi iniziativa della Procura di Taranto. Obiettivo manifesto, peraltro, dei precedenti decreti.
PRESCRIZIONI, C’È TEMPO
Qui si sfiora il condono. L’articolo 2 stabilisce infatti che per rispettare le 94 prescrizioni previste dall’Aia c’è tempo fino al luglio 2015. Ma c’è un di più: basterà che per quella data ne siano state realizzate almeno l’80% per non bloccare tutto. Toccherà al Ministero, con apposito decreto, fissare il termine per le restanti. Quali? Stando ai tempi fissati dal testo quelle più importanti: la copertura del parco minerali (considerato il principale responsabile del sollevamentodellepolveriversoil rione Tamburi), e la numero 16: agglomerato cokeria altiforni. Entrambe scadono a ottobre e la prima ha tempi lunghi: circa due anni e mezzo. I lavori però, non sono ancora iniziati e il progetto esecutivo ancora non ha l’ok definitivo. Il rischio è che i due più importanti paletti a tutela della salute non vengano rispettati.
SALUTE, INSOMMA
Più che sottostimarli, il decreto sembra ostacolarli. Sempre all’articolo 2 si decide che la valutazione del danno sanitario nonpuòmodificareleprescrizioni che devono essere adottate sugli impianti. Perché? La risposta, forse, è nello studio della valutazione del danno sanitario redatto dall’Arpa Puglia: in caso di non applicazione delle prescrizioni sarebbero a rischio cancro 25 mila persone, che in caso di piena applicazione si ridurrebbe solo del 50%. Dettaglio inutile, visto che non potranno incidere sulle bonifiche.
GLI SPICCI (DI LETTA-MONTI)
Renzi ha parlato di 2 miliardi di euro. Soldi che però non ci sono, almeno non tutti. 1,2 miliardi, per dire, sono quelli sequestrati ai Riva dalla procura di Milano. Sequestrati, non confiscati (serve una sentenza definitiva): in pratica i soldi sono ancora bloccati in Svizzera. Proprio in questi giorni i pm stanno dialogando con le autorità elvetiche per riportarli in Italia, ma l’operazione non è semplice e i soldi sono a rischio contenzioso.Disicuri,cisonosolo 486 milioni. Cifre non stanziate da Renzi, ma dai governi precedenti al suo, e finora mai spesi (ci sono anche fondi di Fintecna: 150 milioni). Il premier ha promesso poi 375 milioni di fondi europei. Nel testo, però, la cifra non compare. I custodi giudiziari della Procura di Taranto avevano stimato il danno ambientale in 8 miliardi. Dei 30 milioni per la ricerca sui tumori infantili, promessi dal premier, invece, non c’è traccia. Renzi sembrava tenerci in modo particolare: “L’Europa non ci impedisca di salvare i bambini di Taranto”, ha spiegato nelle scorse settimane. Ieri, il sottosegretario Graziano Delrio ha assicurato che ci saranno. Secondo uno studio dell’Istituto superiore della sanità del 2014, la mortalità per tumore della popolazione tarantina da zero a 15 anni è risultata del 21% superiore alla media della Puglia, mentre l’incidenza delle malattie tumorali è superiore del 54%.
IL FUTURO
Accollate le perdite allo Stato, l’acquirente c’è già: la multinazionale Arcelor Mittal e il gruppo Marcegaglia, in difficoltà e in conflitto d’interessi in quanto fornitore dell’Ilva. La cifra, stando al testo, è stata già fissata da una valutazione indipendente (che non è dato conoscere). Proprio come chiesto da Mittal.