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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Stipendi e rendimenti: ecco la vera classifica dei politici italiani. Per coprire paga, collaboratori e contributi un consigliere regionale della Calabria prende dalle casse pubbliche 2,3 milioni l’anno, un siciliano 1,7 milioni e uno laziale 1,3. Cife dieci volte superiori al Trentino e otto volte al Veneto. I costi standard ripartano anche da qui

Un consigliere regionale della Calabria costa 2,3 milioni di euro all’anno. Uno del Trentino Alto Adige dieci volte meno: 245 mila euro l’anno. Un eletto all’assemblea regionale siciliana costa 1,7 milioni di euro l’anno, perfino più di un senatore che costa 1,68 milioni di euro l’anno. Quasi il doppio di un deputato italiano, che mediamente costa alla comunità un milione di euro l’anno.
Dopo anni di polemiche, discussioni, leggine ad hoc che spesso hanno preso in giro i contribuenti sui costi della politica, il risultato è questo, illustrato nella tabella qui in pagina. E vedendo in testa alla classifica Calabria, Sicilia, Sardegna e Lazio, l’impressione è anche che la politica costi di più proprio dove rende di meno. Sono proprio le Regioni che vantano i peggiori disavanzi di bilancio, normalmente per colpa di una gestione sanitaria non brillantissima, a chiudere nei palazzi più sfarzosi e costosi chi ha combinato tanti danni alle finanze pubbliche. Certo, dal 2006 in poi i conti delle Regioni sono stati commissariati in gran parte dei casi per cercare di ridurre disavanzi sanitari mostruosi. E qualche passo avanti significativo è stato fatto: il Lazio che quell’anno aveva un disavanzo di 1966 miliardi di euro, a fine 2013 era ancora la Regione più in difficoltà, ma con un disavanzo di 702 miliardi di euro. Gli abitanti di quella Regione però si sono visti mettere le mani pubbliche robustamente in tasca, visto che hanno pagato le aliquote più alte di Italia sia con l’addizionale regionale Irpef che con l’Irap: sono stati i cittadini quelli virtuosi (obtorto collo: non potevano fare altrimenti), mentre chi li ha amministrava ha dato il peggio di sé, offrendo uno scandalo dietro l’altro: dai rimborsi spese di Franco Fiorito a Mafia Capitale. Eppure dopo tutto il marciume emerso un consigliere regionale del Lazio ancora oggi costa alla sua comunità 1,3 milioni di euro. La metà di un collega calabrese, certo, ma il doppio di un consigliere Veneto. Per calcolare il costo a consigliere Libero ha utilizzato i dati 2014 e nel caso di cifre incomplete, quelli 2013 della spesa per organi istituzionali riportata per ciascun ente locale, e ha diviso quella cifra per il numero dei componenti delle assemblee elettive. Per fare un paragone stessa operazione è stata compiuta per deputati e senatori utilizzando la spesa complessiva inserita nei bilanci di previsione 2014. Il risultato dunque non è lo stipendio che materialmente incassa ogni eletto, ma quello che la comunità deve spendere per consentirgli ogni anno di fare il suo lavoro. Quindi stipendio di ciascun eletto, contributi, rimborsi spesa, stipendi di collaboratori diretti, stipendi del personale assunto per fare funzionare l’assemblea legislativa, costi delle varie utenze attivate, e acquisto di beni e servizi utili. Non c’è dunque differenza fra un’ assemblea elettiva e l’altra. Proprio per questo motivo è del tutto ingiustificata la disparità di costi medi che appare in tabella. Al di là dei singoli stipendi (che ad esempio in Sicilia sono più alti), non c’è ragione alcuna a motivare un costo a consigliere della Calabria quadruplo rispetto a quello dell’Emilia Romagna. E a dire il vero anche quello della regione Lombardia, sesto nella classifica generale, con il suo 1,3 milioni di euro sembra molto più elevato delle reali esigenze. Per non parlare di quello della Basilicata, piccola Regione che però spende più di un milione di euro per proprio eletto in consiglio. Se non si riesce ad applicare la regola dei costi standard alla cosa più semplice che c’è, la spesa per i singoli consiglieri regionali, è davvero difficile che possa essere fatto per i grandi capitoli di spesa pubblica, che sono assai più complessi e comprendono molte variabili. Bisogna tenere presente infatti che il costo a consigliere regionale non dovrebbe variare fra un’assemblea elettiva e l’altra, perchè non dipende dalla ampiezza del territorio né dalla densità della popolazione residente. Quelle indubbie differenze fra Regione e Regione sono già comprese nel numero complessivo dei consiglieri previsti dai vari statuti. A spiegare la clamorosa disparità fra Calabria e Toscana è un fatto che può fare riflettere anche a proposito della riforma del Senato che si sta pensando. Proprio sulla spinta della riduzione dei costi della politica, negli ultimi anni si è ridotta anche la composizione dei consigli regionali. Ci sono meno eletti di un tempo, ma non si è ridotta di un cent la spesa per la macchina che assicurava il funzionamento dei vecchi consigli. Non si è ridotto il personale a diretta collaborazione, non si sono ridotti gli spazi che prima occupavano il doppio degli eletti, non si è ovviamente ridotta la spesa di manutenzione e funzionamento di strutture rimaste uguali a se stesse e divenute elefantiache. La conseguenza è stata che è cresciuta la spesa pro capite per consigliere: in alcuni casi addirittura raddoppiata. Ed è quel che rischia di avvenire nel nuovo Senato di Renzi se già oggi non si riduce radicalmente la spesa in quella prospettiva.