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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Come fosse uno Stato vero e proprio, ora l’Isis ha una sua banca centrale, una finanziaria e un fatturato da due miliardi di dollari con un surplus da 250 milioni, migliore di tante regioni italiane. Un bilancio da perfetto regno del male

Ora una banca ce l’hanno pure loro. E persino una finanziaria. Per non parlar di quel fatturato da due miliardi di dollari con un surplus da 250 milioni, migliore di tante regioni italiane. Peccato che i signori di questo prospero regno da otto milioni di anime, vasto quanto l’Austria, siano i decapitatori del Califfato.
A regalar trasparenza ai bilanci dello Stato Islamico ci sta pensando lo sceicco Abu Saad Al Ansari, un religioso di Mosul assai vicino ai vertici dell’Isis. Stando alle cifre fornite da Al Ansari al quotidiano del Qatar Al Arabi, l’organizzazione prevede per il 2015 ricavi per oltre due miliardi di dollari. Ricavi da cui far saltar fuori un surplus netto di circa 250 milioni di dollari destinato a venir reinvestito in attività belliche.
Ma la novità principale per il Califfato, forma statuale ispirata – teoricamente – ai regni successivi alla morte di Maometto, è la necessità di dotarsi di quell’istituzione – sconosciuta ai tempi del Profeta, ma assai diffusa nelle nazioni infedeli, chiamata banca. Il primo istituto autorizzato del Califfato, ha aperto i battenti a Mosul e porta inevitabilmente il nome di «Islamic Bank». Stando alle testimonianze degli abitanti del capoluogo la banca, oltre a permettere l’apertura di conti e a sostituire le banconote danneggiate, dovrebbe garantire, a breve, anche l’emissione di prestiti senza interessi.
Per capire a cosa serva la banca bisogna però dare un occhio all’abbozzo di finanziaria varata dall’organizzazione del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi. Il budget da due milioni di dollari garantirà gli stipendi ai combattenti e i sussidi destinati a mutilati, orfani, poveri, vedove di guerra e famiglie dei caduti. Dunque la banca servirà in gran parte a distribuire stipendi e sussidi.
Un’altra parte di quei due miliardi verrà invece spesa per ricostruire le zone conquistate e trasformarle in simboli della dinamica efficienza del Califfato. A Mosul – capoluogo del versante iracheno del Califfato – e a Raqqa – capitale della parte siriana – l’Isis ha in programma la costruzione di centrali elettriche, la ristrutturazione del sistema fognario e l’ammodernamento di ospedali. Propositi assolutamente in contrasto con le testimonianze degli abitanti – concordi nel descrivere un costante ed assoluto degrado – ma perfettamente in linea con l’immagine di una nuova ed efficiente forma di nazione propagandata dall’Isis.
Nella stessa direzione va probabilmente anche la pubblicazione dei (presunti) dati del bilancio del Califfato. Quei dati puntano, assieme ai progetti sulle «grandi opere», a regalare l’idea di una nazione ben articolata, strutturata come un autentico organismo statale. L’unica differenza sta nell’origine del denaro che – a differenza di quello messo a bilancio nelle nazioni civili – ha provenienze a dir poco illecite. Esclusi i finanziamenti elargiti da ricchi e anonimi finanziatori sparsi tra Qatar, Arabia Saudita e Kuwait una buona parte dei due miliardi di dollari incamerati dall’Isis arriverà dai proventi di riscatti, razzie e bottini di guerra, dalle tasse imposte alle popolazioni sottomesse, dal contrabbando di petrolio e dal traffico di opere d’arte trafugate. Un bilancio insomma da perfetto regno del male.