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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Il problema della Borsa è tutto qui: assenza di leadership nella gestione delle grandi crisi. Il nervosismo di chi investe non è diverso da quello che si respira nelle Cancellerie europee per la sfida lanciata dalla Grecia alla Bce, al Fmi, all’Europa e alla stessa comunità finanziaria internazionale: se Atene non ripaga il debito il danno è forte ma limitato, se invece la si costringe a uscire dall’euro il rischio di un effetto domino di carattere politico sulla stabilità dell’eurozonai è altissimo

Per Warren Buffett, il finanziere americano più ricco e ascoltato del mondo, la prima regola da seguire quando si investe in Borsa è non perdere mai soldi. La seconda, è non dimenticare mai la prima. Sembrano banalità, ma anche nell’epoca dell’high frequency trading, delle equazioni e degli algoritmi che dovrebbero rendere infallibili le scelte dei trader, le opinioni del vecchio finanziere vanno ancora in asta per oltre 2 milioni di dollari a cena. Un analista di Borsa costa meno, ma il rispetto di Wall Street per Warren Buffett è simile a quello di un banchiere centrale. Soprattutto ora che si naviga a vista, con la paura crescente che la correzione attesa ormai da troppo tempo si trasformi all’improvviso in un crollo doloroso degli indici e delle Borse: dopo 5 anni di esuberanza finanziaria stimolata dagli aiuti alle banche di Fed e Bce, il mercato teme di essersi spinto troppo avanti, di non poter più gestire in sicurezza non solo il divario troppo ampio tra ripresa della Borsa e ripresa dell’economia, ma anche vecchie paure e nuove incognite, dalla possibile uscita della Grecia dall’Eurozona fino all’Ucraina o al crollo del petrolio. La parola d’ordine è quindi prudenza, la regola da seguire è quella di Buffett: non perdere mai soldi.
Il problema della Borsa è tutto qui: assenza di leadership nella gestione delle grandi crisi. Il nervosismo di chi investe non è dunque diverso da quello che si respira nelle Cancellerie europee per la sfida lanciata dalla Grecia alla Bce, al Fondo monetario, all’Europa e alla stessa comunità finanziaria internazionale: se Atene non ripaga il debito il danno è forte ma limitato, se invece la si costringe a uscire dall’euro il rischio di un effetto domino di carattere politico sulla stabilità dell’eurozonai è altissimo. Più che una mossa speculativa, insomma, la volatilità delle Borse è una mossa difensiva: e per quanto la Bce si impegni per salvare l’euro, evitare che il nervosismo diventi panico è compito della politica. Affrontare la crisi greca a colpi di minacce è delizia per l’antieuropeismo e per chi si oppone alle riforme. Ma alle elezioni in Grecia mancano ancora tre settimane: fino ad allora, saranno giorni di tensione.
Mentre il mercato dei Titoli di Stato continua infatti a raccogliere denaro grazie alle manovre straordinarie già avviate o in cantiere di Fed e Bce – i tassi europei come quelli americani sono ormai ai minimi storici e in alcuni casi addirittura negativi – per le azioni e per le Borse non c’è rete di sostegno. Fino all’anno scorso, l’enorme liquidità erogata alle banche si è ben distribuita tra titoli di Stato e azioni, tra mercati emergenti e maturi, tra Paesi in recessione e nazioni in ripresa. Ma la liquidità, da sola, non basta a garantire una crescita sostenibile dei mercati azionari: per quella servono economie sane, aziende che producono utili e soprattutto stabilità politica nell’attuazione delle riforme laddove è necessario. Senza questi tre elementi, la liquidità genera eccessi, incertezze e soprattutto bolle speculative pronte ad esplodere senza preavviso: oggi non c’è economista, analista o trader che non guardi con timore a questo rischio. Il problema principale delle Borse, quello che manda gli indici in altalena, insomma, sembra essere oggi non la mancanza di liquidità – che tra l’altro è destinata a crescere con l’avvio del Quantitative easing in Europa – ma la mancanza di soluzioni politiche alle grandi sfide del momento: si è visto con l’Ucraina, con la spaccatura dell’Opec sul prezzo del petrolio, con la mancanza di progressi sulla riforma dei trattati europei e soprattutto con lo stallo dell’eurozona, sempre più espressione geografica ma poco o niente politica. In questo senso, non ci sono solo la debacle della Grecia, la crisi economica italiana, la rigidità e l’arroganza della Germania nel dibattito tra sacrifici e crescita a giustificare la prudenza dei mercati. C’è anche la gravissima mancanza di risposte nuove o creative al devastante credit crunch strangola famiglie imprese ormai da 5 anni. Il mancato trasferimento all’economia reale delle centinaia di miliardi erogati dalla Bce alle banche europee non solo ha bloccato la ripresa delle economie più fragili ed esasperato il peso delle riforme, ma ha destabilizzato anche i mercati finanziari: le banche, a loro volta strangolate da regole eccessive e penalizzanti per l’attività creditizia, sono diventate il bersaglio delle paure.
In questa situazione, insomma, l’andamento erratico dei mercati, la volatilità e il nervosismo non hanno nulla di sorprendente: sono la reazione naturale di chi deve proteggere e valorizzare il risparmio altrui in condizioni difficili. Per ora – e per fortuna – la fiducia degli investitori è totalmente riposta nella Bce e nella determinazione di Draghi a salvare l’euro: un test importante se non fondamentale arriverà il 22 gennaio, quando la Bce dovrebbe dare il via libera finale al Quantitative easing con l’acquisto dei titoli di Stato. La sola prospettiva di questa manovra sta continuando a dare sostegno ai BTp, i cui tassi non sono mai stati tanto bassi. Ma sono bassi anche i tassi spagnoli, quelli portoghesi, i francesi e soprattutto i tassi tedeschi, ormai beni rifugio per eccellenza. Forse, sono persino troppo bassi, tanto da far sembrare la crisi della Grecia come un problema finanziariamente e politicamente gestibile. Se non addirittura, in alcuni Paesi, come un modello da seguire per bloccare le riforme. La Germania lo ha capito, e per questo ha alzato il tiro contro Atene, arrivando persino a suggerire la sua uscita dall’Euro: in altri tempi, dichiarazioni del genere avrebbero fatto volare i tassi italiani e spagnoli. Ieri sono saliti, ma ancora senza panico. Il gioco è rischioso. Se la Borsa sbaglia scommessa sulla Grecia, come è già accaduto, sarà l’investitore a perdere i soldi. Ma se è Berlino a sbagliare scommessa con la Grecia, non si perde solo Atene: si perdono l’Euro e l’Europa. E forse, è proprio quanto sta dicendo il mercato.