Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Germania, cresce il movimento Pegida. Ma Bierhoff, Schmidt, Lindenberg, Schäuble, Schröder e altri cinquanta personaggi della cultura tedesca hanno firmato la petizione per dire no all’idea di purezza nazionale

C’è l’uomo che regalò alla Germania la doppietta vincente contro la Repubblica Ceca nella finale degli Europei ’96, Oliver Bierhoff; il padre nobile della socialdemocrazia Helmut Schmidt e quello del rock anni Settanta Udo Lindenberg, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, l’ex cancelliere Gerhard Schröder... Cinquanta protagonisti della vita culturale e politica tedesca hanno firmato la petizione lanciata ieri dal quotidiano popolare Bild per dire no all’idea di purezza nazionale veicolata da Pegida, il movimento dei «Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente» che questa settimana, nell’abituale marcia del lunedì a Dresda, ha mobilitato 18 mila persone.
Un fenomeno che racconta di un disagio crescente sull’immigrazione ed è ormai un problema per la cancelliera Angela Merkel, stretta tra le pressioni dell’estrema destra in politica interna e le turbolenze internazionali innescate dalla nuova crisi greca. Senza un’apertura di Berlino è impossibile immaginare una ripresa del dibattito Ue sul debito di Atene. E per Frau Merkel stabilità e consenso a casa sono le precondizioni per vincere i negoziati in Europa.
«Wir sind das Volk», Noi siamo il popolo, scandiscono i manifestanti di Dresda richiamandosi alle marce di protesta al tramonto della Ddr. Pur distanziandosi ufficialmente dalle posizioni xenofobe e razziste dei gruppi neonazisti, i proclami di Pegida a difesa dell’identità occidentale minacciata dall’oscurantismo islamico costringono il Paese a confrontarsi con le ferite del passato. Dal discorso di fine anno della Merkel all’iniziativa della Bild, la società civile serra i ranghi contro cortei e slogan che, settant’anni dopo l’uscita dalla Seconda guerra mondiale, tornano a prendere di mira una minoranza religiosa in terra tedesca. Un crinale scivoloso, che permette ai responsabili del Movimento fondato dall’attivista Lutz Bachmann di gridare alla censura e proporsi come paladini della libertà d’espressione contro i tabù del politicamente corretto e l’omologazione dei mezzi d’informazione.
Di qui il disorientamento dei partiti tradizionali, inclusa la Cdu della cancelliera, che non possono ammettere Pegida nel dibattito pubblico ma neanche delegittimare migliaia di cittadini convinti dal Movimento. L’ascesa del fronte anti islam potrebbe aiutare gli euroscettici di Alternativa per la Germania, il partito che alle ultime europee ha conquistato il 7% (7 eurodeputati) e che ora è diviso sulla linea da tenere rispetto a Pegida. Da Dresda le marce si stanno allargando in un clima sempre più teso. A Colonia, per reagire alle bandiere con la croce di San Giorgio delle crociate dell’XI secolo e ai cartelli con la scritta «Patate, non kebab», lunedì il Duomo ha spento le luci, precipitando il centro storico in una simbolica oscurità.
L’immigrazione è una risorsa fondamentale di fronte al calo demografico. La comunità turca conta tre milioni di persone. Nel 2014 il numero di richiedenti asilo è arrivato a 200 mila, il quadruplo rispetto al 2012. Il messaggio di Pegida compromette l’immagine della Germania come Paese d’accoglienza e convivenza pacifica. «Siamo diventati un arcobaleno – scrive la Bild –. Non torniamo alle ombre del passato».