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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Poche volte si è vista la Juve in difficoltà come nel finale di ieri contro l’Inter. È venuta fuori la strana convinzione del calcio di Mancini, cioè che pensare di essere grandi giocatori alla fine ti ci faccia diventare. La Juve è stata forte finché ha avuto corsa. Troppo morbido Llorente, un po’ isolato Tevez, a sprazzi Vidal

È durata poco la Juve contro l’Inter, forse perché ha segnato presto. È stata nel primo tempo più volte a un passo dal travolgere l’Inter, poi ha cominciato a subire. È venuta fuori la strana convinzione del calcio di Mancini, cioè che pensare di essere grandi giocatori alla fine ti ci faccia diventare. L’Inter del secondo tempo ha giocato più che alla pari con la Juve, con dentro tutti i suoi fantasisti (Kovacic, Guarin, Hernanes, Podolski, Icardi), una squadra sbagliata ma orgogliosa che ha messo la partita sul piano personale. E l’ha ripresa. La Juve non aveva a quel punto più fisico da mettere, ma forse nemmeno qualità, equilibrio. L’Inter era innamorata di se stessa, per un’ora gli è riuscito quasi tutto, è tornata una squadra di campioni. Poche volte si è vista la Juve in difficoltà come nel finale di ieri. La prima conseguenza è che la Roma torna a un solo punto dalla testa. Ma il secondo riguarda il futuro dell’Inter. L’aria è che a Torino ci sia stata una svolta mentale oltre che tecnica, un investimento perfino eccessivo su tutto il talento rimasto tanto tempo chiuso in cantina. È vero che giocare bene contro la Juve è quasi automatico, le motivazioni arrivano da sole, però è sembrata un’Inter diversa, anche troppo spavalda e rumorosa. Dal suo lato la Juve è stata forte finché ha avuto corsa, poi ha sofferto la qualità dell’Inter. Troppo morbido Llorente, un po’ isolato Tevez, a sprazzi Vidal, è mancata la continuità nel tiro in porta, ma anche sicurezza in difesa, a partire da Buffon. Mentre la Roma arriva alla quinta vittoria in trasferta. Il suo gol c’era, non era un fantasma. Ma forse c’era anche un rigore per l’Udinese. Comunque una bella Roma tornata accanto alla Juve anche come condizione fisica e convinzione. Si ferma il Milan, buono per venti minuti, poi scomparso dietro l’ordine e la fantasia del Sassuolo. È un brutto passo indietro perché arriva quando sembrava che il Milan fosse ormai una squadra, invece continua a perdersi tra alti e bassi come tutti i probabili. Stavolta manca Ménez, quindi gran parte del gioco di attacco. Manca anche costruzione a metà campo, ma quella è storica. La piccola realtà è che il Sassuolo gioca meglio e ha anche individualità di primissimo piano come Missiroli, Sansone, Berardi e Zaza. La sua partita non è stata un contropiede fortunato, è stato un dominio leggero e insistente. La lotta per il terzo posto è ora meno equilibrata, Lazio e Napoli sono andate avanti e danno l’impressione fisica di essere le più complete. La Lazio è gestita bene da Pioli, salvaguardata nel basso profilo cittadino dall’euforia della Roma e sta finendo di trovare un giocatore decisivo, Anderson. Il Napoli con  Gabbiadini ha un attacco algido e di vero livello europeo. Sta arrivando il Palermo di Dybala e Vasquez, ma anche di Muñoz, Barreto, Rigoni. Una mescolanza di muratori e artisti.