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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Grecia, allungare il debito e ridurre i tassi per far contenti tutti. L’accordo segreto di Tsipras

Le parole d’ordine (siamo in periodo elettorale) restano sempre le stesse: «La Troika dovrà cancellare buona parte del nostro debito, come è stato fatto con la Germania nel 1952». Quanto? «Almeno il 60% dei 318 miliardi di esposizione della Grecia», dicono diversi esponenti di Syriza, facendo fibrillare i mercati. La realtà però, secondo indiscrezioni attendibili, è un’altra. Alexis Tsipras, leader della sinistra favorita alle lezioni del 25 gennaio, sta lavorando da tempo dietro le quinte con i pontieri di Bruxelles e Bce per cercare un compromesso che allontani il rischio di default del Paese. Cavando dal cilindro una soluzione che consenta a tutti di cantare vittoria e di firmare entro il 28 febbraio l’accordo con la Troika. I contorni del piano allo studio iniziano a delinearsi: un mix di allungamento delle scadenze dell’esposizione, oggi in media a 32 anni, e di taglio dei tassi – ora all’1,5% – che riduca la zavorra dei prestiti per Atene liberando risorse per gli investimenti. Ma che consenta nello stesso tempo ad Angela Merkel di garantire ai falchi del Nord che la Grecia – pur se a condizioni vantaggiosissime – pagherà fino all’ultimo euro.Trovare la quadra non sarà facile. Le posizioni di partenza delle parti paiono distanti, non è detto che i negoziati vadano in porto. Di una cosa, però, sono convinti tutti persino – sotto sotto – i falchi della Ue: il Partenone non riuscirà mai a rimborsare realisticamente tutto il suo debito, pari al 175% del Pil, a tassi di mercato. E la rinegoziazione non è tanto una questione di “se”, ma di “quando”. Nei prossimi due anni, per dire, il nuovo governo greco dovrà rimborsare prestiti e pagare interessi per circa 22 miliardi. Di cui 500 milioni, tema spinosissimo per Tsipras, a hedge fund che guadagneranno cifre enormi grazie alla speculazione sulla crisi greca. Tantissimi soldi, molti dicono troppi, per un Paese che ha già bruciato in cinque anni il 25% del Pil e dove la disoccupazione viaggia al 25%. Nessuno però a Berlino e dintorni vuole fare regali troppo smaccati, per evitare che il giorno dopo l’eventuale accordo con Syriza bussino a Bruxelles anche Spagna, Portogallo e Irlanda chiedendo uno sconto sui fondi già ottenuti. E che magari in futuro persino l’Italia, problema a quel punto ben più serio per la Ue, pretenda una ristrutturazione dei suoi 2mila miliardi di debito.Il compromesso che auspica la Commissione è chiaro. E favorito dal fatto che l’80% dell’esposizione di Atene è proprio verso la Troika. I prestiti di Fmi e Bce potrebbero essere restituiti integralmente. Per non mettere in discussione gli statuti delle due istituzioni – Eurotower non può prestare soldi per salvare stati nazionali – e non mettere in difficoltà Mario Draghi che ha già le sue belle gatte da pelare a causa dei guai del Partenone sul fronte del quantitative easing.Qualche margine c’è invece sui 195 miliardi (142 del Fondo salvastati e 53 di prestiti bilaterali) che la Grecia deve alla Ue. E qui dovrebbe venire in soccorso la finanza creativa: si parla di agganciare i rimborsi dei prestiti ai tassi di crescita dell’economia o al calo della disoccupazione. Oppure, o forse anche, di allungamento la loro durata e dell’esclusione dal calcolo del debito degli investimenti pubblici per qualche anno. Bruxelles potrebbe consentire poi a Tsipras, in caso di vittoria alle elezioni, di utilizzare gli 11,5 miliardi di euro depositati nel fondo salva-banche per finanziare la crescita. Se tutti questi tasselli andassero a posto, la Troika potrebbe anche ammorbidire le sue richieste per chiudere il piano di aiuti – ora pretende dal governo ellenico altri 2,5 miliardi di tagli – sbloccando così l’ultima tranche da 7 miliardi.La partita è delicatissima e margini di errore non ce ne sono, né per la Grecia né per l’Europa. Berlino stima in 77 miliardi il costo per l’economia nazionale di un’uscita di Atene dall’euro. Se la Grecia non pagasse unilateralmente i suoi debiti – mossa esclusa da Tsipras – l’Italia potrebbe pagare un conto non troppo lontano dai 20 miliardi visto che, oltre ai capitali versati nel fondo salvastati, Roma ha prestato ad Atene 10 miliardi tra 2010 e 2011. Quanto basta per sperare che il filo sottile teso con discrezione in queste settimane tra Syriza e la Troika non si spezzi dopo il 25 gennaio.