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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

Carmine, il fratello minore di Pino Daniele: «La sua città chiedeva solo di onorarlo. E finalmente, in tanto dolore, almeno una cosa giusta. Siamo riusciti a stare uniti e a concedere a Napoli quell’abbraccio che mio fratello meritava. Ma il mistero dei soccorsi me lo porterò appresso fino alla morte. Non so cosa pensare»

«La sua città chiedeva solo di onorarlo. E finalmente, in tanto dolore, almeno una cosa giusta. Siamo riusciti a stare uniti e a concedere a Napoli quell’abbraccio che mio fratello meritava e che tanti desideravano. Ho avuto la conferma che la salma sarà accolta nella Basilica Reale San Francesco di Paola. Così anche le nostre sorelle, che purtroppo sono cardiopatiche e quasi cieche, e non avrebbero mai affrontato un viaggio a Roma, potranno abbracciare Pino».
Carmine, 56 anni, operaio, è il fratello minore di Pino Daniele. Stessi capelli bianchi, stessa faccia di chi ha conosciuto strada e fatica, lo stesso cuore malandato. È stato lui, con fratelli e figli, grazie anche all’onda montante della protesta via web, ad ottenere quello che da due giorni era diventato un mantra sui social: «Vogliamo Pino a Napoli». Così il “Nero a metà” partenopeo, il simbolo conteso, avrà oggi due funerali. Alle 12, esequie a Roma al Divino Amore. Alle 17, seconda messa a Napoli nella Basilica Reale in piazza del Plebiscito.
Carmine ci accoglie a Santa Maria La Nova, con la moglie e le figlie, la stessa casa dove Pino era cresciuto, “adottato” da alcune zie. Siede in soggiorno, accanto al presepe tradizionale e l’albero di un Natale che si è spento nel dolore.
Signor Carmine, dopo lo choc, dilagavano amarezza e rabbia. È vero che rischiavate di disertare il rito a Roma?
«Non c’è mai stata alcuna volontà di fare polemica. Voglio premetterlo: i cinque figli di mio fratello, alcuni anche minori, sono tutti bravi ragazzi, tutti travolti come noi da questo assurdo lutto. Nessuno di loro voleva offendere Napoli. In più: ho subito tempo fa un’operazione al cuore, come Pino sono uno che rischia la vita e dopo una giornata trascorsa a Roma ero provato e son dovuto rientrare. I miei familiari e il mio medico mi avevano messo in guardia, “stai attento”. E poi...».
Non accettavate un rito funebre che escludesse la sua terra?
«Io capisco che a Roma ci sia un funerale importante per Pino, per le autorità, gli artisti, i vip, tanti suoi amici, tutto giusto. Ma noi siamo la sua famiglia d’origine, siamo gente semplice, vogliamo abbracciarlo alla buona. E poi la sua città non poteva essere dimenticata, qui c’è un popolo che si riconosceva in lui, che lo ama veramente. Per questo è giusto che Pino abbia il suo secondo rito funebre a Napoli».
Si dice che i rapporti tra Pino e la sua famiglia d’origine fossero alterni, difficili. Quali sono i suoi ricordi? È vero che Pino la chiamava “O’ Gio’” e le ha dedicato una canzone?
«Sì, è vero. E chi se lo può scordare. Siamo cresciuti tutti tra via San Giovanni Maggiore Pignatelli e Santa Maria La Nova. Io sto nello stesso palazzo in cui Pino viveva da ragazzino. In ogni famiglia ci possono stare incomprensioni, qualche problema. Ma noi ci volevamo bene. Lui era un grandissimo artista, io sono stato un semplice operaio. Ma eravamo legati».
Quando lo ha visto o sentito per l’ultima volta?
«A Capodanno. Ci siamo fatti gli auguri. Era in apprensione: lui per me, si figuri. Per il mio cuore. Mi ha detto : “Uè, non mangiare troppo, hai capito?”».
L’immagine che si porterà per sempre con lei.
«Tante, troppe. In queste ore penso a due cose, come l’inizio e la fine. Mi ricordo di quando mi portava in spalla, fino a Marechiaro, a fare i bagni, lui 14 anni, io 11. E poi, alcuni mesi fa, allo stesso Sant’Eugenio di Roma. Mi stavano per operare, lui si chinò su di me, mi disse: “Uè, tu sei più piccolo, non ti permettere di morire, me ne devo andare prima io”».
Come si spiega quel lungo viaggio in auto, dalla Toscana a Roma prima dei soccorsi? Pino aveva sottovalutato il suo malore?
Lungo sospiro. «Che le devo dire? Questo mistero me lo porterò appresso fino alla morte. Non so cosa pensare».