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 2015  gennaio 07 Mercoledì calendario

I doppi funerali di Pino Daniele, prima a Roma e poi a Napoli. Le città della sua vita, dalle radici al nuovo corso. Un compromesso che fa capire come sia stato difficile mettere d’accordo un gruppo familiare ramificato. Proteste alla camera ardente, chiusa in anticipo perché un fan aveva fotografato la salma

Per Pino Daniele che amava la riservatezza ci saranno due funerali pubblici: alle 12 al Santuario del Divino Amore a Roma, poi alle 19 nella Basilica Reale San Francesco di Paola in Piazza del Plebiscito a Napoli. Le città della sua vita, dalle radici al nuovo corso. Un compromesso che fa capire come sia stato difficile, nonostante le parole e i comunicati, mettere d’accordo un gruppo familiare ramificato – due ex mogli, una compagna, cinque figli, cinque tra fratelli e sorelle, diversi nipoti. Un lungo addio, quello al cantautore napoletano, iniziato ieri mattina presto tra lacrime, insulti e proteste. «Vergogna vergogna», «Buffoni», «Pino era di tutti, questa è la morte della cultura», grida la folla al poliziotto che spiega di allontanarsi dai cancelli perché per volontà della famiglia la camera ardente viene chiusa prima. A Pino Daniele non piacevano gli show mediatici, non gli sarebbe piaciuto neanche quello all’ospedale Sant’Eugenio di Roma.
In tanti sono arrivati a Roma da Napoli, Taranto, Cassino per dargli l’ultimo saluto, la camera ardente sarebbe dovuta rimanere aperta dalle 8.30 alle 12.30. Invece, pochi minuti dopo le nove, viene chiusa. Circola la notizia che qualcuno abbia fotografato la salma. Gesto indecente, inqualificabile, come la protesta che a tratti assume toni rabbiosi. «La famiglia è sconvolta perché qualcuno ha fatto una foto alla salma di Pino e l’ha messa su Internet» dice il musicista Enzo Gragnaniello, «una cosa bruttissima una mancanza di rispetto. Rappresenta un sacrilegio per qualunque cattolico». Per la gente «Pino è di tutti», chi ha fatto centinaia di chilometri ora urla: «Per uno che ha sbagliato paghiamo tutti? Vergognatevi, è una mancanza di rispetto per chi ha comprato i suoi dischi tutta la vita». Si accalcano dietro il cancello famiglie con bambini, fan sinceramente addolorati, ragazzi con la sciarpa del Napoli, i soliti perdigiorno a favore di telecamera, è il loro momento. Rose rosse, bianche, mazzi di fiori, girasoli vengono fatti passare sopra il cancello; c’è chi improvvisa cori, chi racconta di essere stato suo vicino di casa a Napoli (doveva averne tantissimi). «La sorella abitava sopra a San Gennaro, faceva i servizi nelle case: è gente semplice, come noi» dice una signora. Tiene banco il dibattito Napoli-Roma c’è chi non approva neanche una scelta fatta dalla famiglia, dalla decisione di trasportarlo in auto a Roma al funerale (stamattina al Divino Amore). «Non si capisce perché, Pino era nostro». C’è un momento che ferma il tempo quando qualcuno, da un’auto parcheggiata, mette a tutto volume le sue canzoni.
Esce a testa bassa Stefania Craxi, commossa, il cancello resta chiuso ma dall’entrata principale dell’ospedale, percorrendo il viottolo interno, qualcuno accede. Molti parenti (la famiglia spiegherà in una nota che ha deciso di chiudere l’accesso al pubblico per potersi raccogliere con Pino), gli amici più stretti, ma a fare le spese della folla inferocita è Massimo D’Alema. «Facciamogli un applauso: lui è un amico di Pino, non noi», «Vattene», «Vergogna, non devi entrare: se la camera ardente è chiusa, è chiusa per tutti», «Se entra il signor D’Alema entriamo tutti». Fischi e grida. E D’Alema non entra, fa dietrofront e torna sui suoi passi. «Sono venuto perché sono un amico» spiega «Non ho voluto creare confusione e quindi mi sono fermato».
Difficile per la famiglia conciliare il dolore privato con quello del pubblico che rivendica di far parte del mondo di Pino Daniele, perché con la sua musica ha accompagnato giornate felici e da dimenticare. Verso le due la camera ardente viene riaperta per dieci minuti, la folla intanto si è dispersa, entrano le poche persone rimaste. Hanno le lacrime agli occhi. «Non doveva finire così».