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 2015  gennaio 06 Martedì calendario

L’economia americana si riprende e l’indice di gradimento per Obama sale. Krugman spiega perché la ripresa può davvero aiutare il presidente

Improvvisamente, a quanto pare, l’economia americana si sta riprendendo. La situazione sembrava sulla via di un miglioramento da tempo, ma a questo punto i segnali di progresso – maggiore occupazione, Pil in rapida crescita, aumento della fiducia – sono inequivocabili.
La crescita dell’economia è sicuramente uno dei fattori che spiegano l’aumento registrato nell’indice di gradimento del presidente Obama. Tra i repubblicani si percepisce una chiara sensazione di panico, malgrado la vittoria registrata alle elezioni di medio termine: nel 2016 si aspettavano si correre contro un partito, quello democratico, con alle spalle risultati di governo negativi. Cosa faranno se invece l’economia va bene? Beh, è un problema loro. Io mi chiedo piuttosto se tutto ciò abbia senso: quanto incide sull’economia l’inquilino della Casa Bianca? Non molto, è la risposta più comune degli economisti, quanto meno di quelli non politicizzati. Ma questa volta è diverso?
Per capire il motivo per cui gli economisti ridimensionano il ruolo del Presidente in economia, prendiamo in considerazione la recessione e ripresa negli anni ‘80. A destra, gli anni ‘80 sono ricordati come un’epoca di miracoli elargiti da San Reagan, che tagliò le tasse, evocò la magia del Mercato e condusse il Paese ad uno sviluppo dell’occupazione mai registrato prima o da allora. In realtà, i 16 milioni di posti di lavoro che l’America produsse negli anni di Reagan erano appena più dei 14 milioni creati negli otto anni precedenti. E un successore di Reagan – tale Bill o qualcosa di simile – fu capace di presiedere alla creazione di 22 milioni di posti di lavoro. Ma in fondo chi tiene il conto?
In ogni caso, ogni seria analisi del ciclo economico dell’era Reagan attribuisce poca importanza al presidente stesso ed evidenzia piuttosto il ruolo della Federal Reserve. Agli inizi degli Anni ‘80, la Fed di Paul Volcker era determinata a ridurre l’inflazione, anche a caro prezzo; restrinse la politica monetaria, facendo schizzare verso l’alto i tassi d’interesse. Quella che seguì fu una grave recessione che provocò tassi di disoccupazione a due cifre, che però ruppe la spirale prezzi-salari. Poi la Fed decise che l’America aveva sofferto abbastanza. Allentò le redini, facendo precipitare i tassi di interesse e il mercato immobiliare cominciò a impennarsi. L’economia rimbalzò. Reagan incassò il credito politico per il risveglio dell’America, ma fu Volcker il vero artefice sia del crollo che del boom. Il punto è che normalmente è la Fed, non la Casa Bianca, a determinare l’economia.
Dovremmo applicare la stessa regola all’era Obama? Non proprio. Innanzitutto, la Fed ha fatto fatica a spingere la crescita subito dopo la crisi finanziaria del 2008, perché le conseguenze della gigantesca bolla immobiliare e dei mutui hanno reso la spesa dei privati relativamente insensibile ai tassi di interesse. In quella fase la politica monetaria aveva davvero bisogno di un incremento temporaneo della spesa pubblica, che significava che il Presidente avrebbe potuto fare la differenza. E la fece, per un certo periodo; la stragrande maggioranza degli economisti ritengono che lo stimolo di Obama contribuì a contenere il crollo. Da allora la politica della terra bruciata dell’opposizione repubblicana ha più che ribaltato lo sforzo iniziale: la spesa pubblica al netto dell’inflazione e dell’incremento demografico oggi è inferiore a quella all’epoca dell’insediamento di Obama.
Per la Fed è stato difficile stimolare la ripresa, ma quanto meno si è sforzata di promuovere l’economia – e lo ha fatto malgrado gli attacchi feroci dei conservatori. Se Obama non avesse difeso la sua indipendenza, sarebbe stata costretta ad alzare i tassi di interesse, con conseguenze disastrose. Il Presidente ha quindi sostenuto l’economia indirettamente, contribuendo a respingere il popolo dei sostenitori del caro denaro. Non ultimo, anche se pensate che Obama c’entri poco o nulla con le buone notizie economiche, la realtà è che i suoi detrattori da anni obiettano che la debolezza dell’economia sia in qualche modo dovuta al suo comportamento scorretto. Ora che Obama sta guidando un’economia forte, non possono girarsi da un’altra parte e sostenere la sua irrilevanza.
Dunque, l’accelerazione della ripresa è merito del Presidente? No. Possiamo tuttavia dire che andiamo meglio di quanto non andremmo se governasse l’opposizione? Sì. Quelli che incolpavano Obama dei nostri problemi economici oggi appaiono essere in mala fede o idioti? Sì. Ed è perché lo sono. (© 2-015 New York Times News Service Traduzione di Ettore Claudio Iannelli)