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 2015  gennaio 06 Martedì calendario

«Quello che dice Tsipras non ha senso, basta farsi due conti. Ma cosa vuole fare? Sfasciare tutto per 300 milioni? O forse vuole restituire i soldi ai Paesi amici, e lasciar fuori la Germania?». Parla l’economista Daniel Gros che spiega «la fase più difficile dell’austerity è passata. Se salta tutto adesso è un peccato dopo tanti sacrifici»

«C’è molto teatro da ogni parte. Se guardiamo ai fatti e alle cifre, non c’è nessun bisogno di drammatizzare la situazione e con un minimo di buon senso si può trovare un accordo razionale fra Grecia, Germania ed Europa. Certo, i toni di Tsipras mi sembrano francamente eccessivi e preoccupanti». Daniel Gros, classe 1955, direttore del Centre for European Policy Studies di Bruxelles, è un economista tedesco non ortodosso che non lesina mai critiche a Berlino. Ma stavolta, ora che gli economisti di Syriza definiscono “tortura finanziaria” quella inflitta al Paese e i mercati cominciano paurosamente a vacillare, il suo giudizio verso Atene non è positivo: «Quello che dice Tsipras non ha senso, basta farsi due conti».
Quali sono questi conti?
«Quest’anno la Grecia deve pagare non più dell’1% del suo Pil in interessi, mi sembra accettabile. Fra luglio e agosto, è vero, scadono bond presso la Bce acquistati nel 2010 per 6,6 miliardi, ma con volontà costruttiva è sicuro che si troverà un accordo per riprogrammare la scadenza di altri 4 anni. Qual è l’alternativa? Cosa vuole Tsipras, non pagare la Bce? E poi come fa a pretendere di non essere escluso dal quantitative easing? Dalla concatenazione di eventi deriverebbe l’uscita dall’euro con la perdita della tutela della Bce e, visto che non è codificata alcuna procedura di uscita, lo sfaldamento della moneta unica».
Quella della Bce è solo una tranche del prestito alla Grecia: ci sono poi i prestiti dell’Fmi e quelli dei Paesi dell’Ue (l’Italia ha contribuito per 20 miliardi). Che ne sarà?
«La trattativa più dura sarà quella con l’Fmi, che ha crediti in scadenza per 9 miliardi e non è malleabile come la Bce. Ma allora il conflitto è fra Atene e Washington, non Berlino. In ogni caso, se la Grecia dovrà restituire quest’importo si arriva al 4% del Pil, meno di quanto spende per il suo debito l’Italia. C’è infine la partita dei debiti di Atene verso gli Stati, che sono a più lunga scadenza e non danno luogo a più di 300 milioni di interessi quest’anno. Tsipras vuole sfasciare tutto per 300 milioni? O forse vuole restituire i soldi ai Paesi amici, e lasciar fuori la Germania?»
L’opposizione di Tsipras è fondata su un motivo: la Grecia non ce la fa a ripartire se è schiacciata dai debiti. Non si è esagerato col rigore?
«Magari sì, però la fase più difficile dell’austerity è passata. Se salta tutto adesso è un peccato dopo tanti sacrifici, e infatti i greci non lo vogliono così come i tedeschi. Il Paese è partito verso la ripresa, ha migliorato la capacità esportativa e avviato le sofferte riforme strutturali, è ad un passo dal rientro sui mercati internazionali dei capitali. Non è pensabile azzerare tutto per una posizione intransigente. Spero che sia solo un’estremizzazione pre-elettorale».
Ma da parte tedesca qual è la vera posizione?
«Bisogna distinguere. A livello di opinione pubblica e di varie forze politiche di destra e sinistra l’atteggiamento è duro. Ma il governo agisce con responsabilità e non vuole immischiarsi nella politica interna greca. La Merkel vuole solo dire: nel 2010-11 siamo stati costretti a darvi un mucchio di soldi perché era in ballo la rottura dell’euro, ora la situazione è diversa, siete più solidi, e ce la potete fare. Anzi, ce la dovete fare».