Corriere della Sera, 6 gennaio 2015
Elezioni greche, caduta del petrolio, euro ai minimi e inflazione tedesca fanno crollare la Borsa. Ieri sono stati bruciati 201 miliardi. Ora si attende la decisione della Bce per gli interventi straordinari
Elezioni greche (a fine gennaio), caduta del petrolio, euro ai minimi, inflazione tedesca: sono gli ingredienti del lunedì nero delle Borse europee, con Milano che è precipitata del 4,92%. Male anche le altre piazze finanziarie: Parigi -3,3%, Francoforte -2,99%, Londra -2%, Atene -5,6%. In tutto sono stati bruciati 201 miliardi.
La prima settimana del 2015 ha messo subito in evidenza i punti critici dell’economia globale, con la Fed intenzionata a ridurre la politica monetaria espansiva degli ultimi anni e l’area euro che attende la decisione del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, di avviare l’acquisto di titoli di Stato. Miscela che ha spinto giù l’euro sul biglietto verde: per la prima volta dal 2006 ieri è stato scambiato a 1,1864 dollari per poi risalire a 1,19 nel corso della giornata.
A complicare lo scenario c’è l’Europa ancora alle prese con il debito greco. A poco è servita la smentita ufficiale di Berlino e della Ue alle indiscrezioni dei giorni scorsi su una possibile uscita dall’euro della Grecia, non ostacolata dalla Germania, in caso di vittoria alle elezioni presidenziali della sinistra radicale guidata da Alexis Tsipras. Stavolta a far preoccupare le Borse non sarebbe tanto un’eventuale «Grexit», quanto piuttosto «l’intenzione di non voler rimborsare il debito – spiega Angelo Drusiani, collaboratore di Banca Albertini Syz –. I mercati ipotizzano che anche altri Stati non virtuosi potrebbero decidere di fare lo stesso». Sempre da Berlino è arrivato un altro segnale di tensione: l’inflazione tedesca a dicembre ha registrato un progresso pari solo allo 0,1% su base annua. Ora c’è attesa per i dati europei di domani.
Su entrambe le sponde dell’Atlantico pesa anche il calo del greggio ai minimi dal 2009. Il Brent è sceso a 52,66 dollari (per poi risalire a 53) e il Wti sotto quota 50. Al ribasso, che prosegue da giugno quando il barile veleggiava intorno ai 115 dollari, ha contribuito l’annuncio da parte dell’Iraq, il secondo Paese per importanza dell’Opec, dell’intenzione di aumentare a livelli record le esportazioni di greggio in gennaio e da parte della Russia di aver registrato a dicembre il livello più alto di produzione dai tempi dell’Unione Sovietica. Si sono scatenati così i timori di un eccesso di offerta a fronte di una strozzatura della domanda, che hanno innescato le vendite di azioni del settore petrolifero. L’Eni ha perso l’8,36% (a causa anche della situazione in Libia), Total il 5,98%, Repsol il 5,8% e Bp il 5%. Tra le società a maggiore capitalizzazione solo Luxottica è andata bene (+0,99%): ha beneficiato della debolezza dell’euro.