Corriere della Sera, 2 gennaio 2015
Quelli che ai premi hanno detto «no, grazie». Da Lewis, che rifiutò il pulitzer, a Sartre che declinò il Nobel, per finire con Grothendieck che non volle la medaglia Fields perché non intendeva andare a ritirarla Mosca
«Tutti i premi, come tutti i titoli, sono pericolosi». La frase dello scrittore americano Sinclair Lewis è tratta dalla lettera con cui nel 1926 motivò il rifiuto del Pulitzer. Chi mira a vincere un premio, proseguiva Lewis, non cerca tanto l’eccellenza, quanto di compiacere i pregiudizi della giuria. E questo gli appariva un meccanismo perverso, anche perché riteneva che gli stessi termini per l’attribuzione del Pulitzer fossero assai discutibili.
Bisogna aggiungere che Lewis, assai critico verso i valori dominanti nella società americana, era rimasto scottato in precedenza, quando il Pulitzer non gli era stato assegnato, nel 1921 e nel 1923, a causa di pesanti interventi dall’alto sulla giuria. E che comunque il romanziere non ebbe problemi in seguito ad accettare il premio Nobel: fu il primo scrittore degli Stati Uniti a vederselo assegnare nel 1930. Il suo caso assomiglia un po’ a quello recente dell’autore spagnolo Javier Marías, già insignito di molti riconoscimenti all’estero, che nel 2012 ha rifiutato il premio nazionale di narrativa in polemica con il governo di Madrid.
Più intransigente il filosofo francese Jean-Paul Sartre, che nel 1964 declinò il Nobel per la letteratura, suscitando un gran clamore, dopo averlo già fatto con la Legion d’Onore (come Piketty) nel 1945: «Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in istituzione», spiegò in una lettera all’Accademia svedese, pur riconoscendo che in questo caso ciò sarebbe avvenuto in maniera onorevole. Quello di Sartre fu un rifiuto spontaneo, ben diverso dal caso dello scrittore russo Boris Pasternak, che nel 1958 era stato costretto a tirarsi indietro dalle pressioni del governo sovietico, così come avevano fatto negli anni Trenta tre scienziati tedeschi – Gerhard Domagk, Richard Kuhn e Adolf Butenandt – per via del veto posto da Hitler per ragioni politiche. Solo dopo la guerra e la sconfitta del nazismo i tre ritirarono il Nobel.
Uno scienziato che invece non volle mai avere nulla a che fare con i riconoscimenti ufficiali è il matematico Alexander Grothendieck, recentemente scomparso in Francia. Nel 1966 rifiutò la medaglia Fields, l’equivalente del Nobel per la matematica, perché non intendeva andare a ritirarla a Mosca. E poi nel 1988, quando aveva ormai rotto con il mondo accademico, fece lo stesso con il premio svedese Crafoord, motivando la sua scelta in una polemica lettera su «Le Monde». In fatto di matematica va poi ricordato l’eccentrico russo Grigorij Perel’man, noto per essere venuto a capo nel 2002 della congettura di Poincaré, irrisolta da quasi un secolo, ma anche per aver rifiutato il conseguente premio Clay e la me- daglia Fields. Più o meno come Grothendieck, Perel’man si è isolato da ogni forma di ufficialità.