il Fatto Quotidiano, 31 dicembre 2014
In Bangladesh 15 bambini sono stati uccisi per vendere i loro organi. Un traffico impunito che ha permesso lo sviluppo di questo mercato nero. E i cosiddetti “intermediari” vanno a caccia di piccoli nei villaggi più poveri, perché sanno che i genitori non sono in grado di pagare un avvocato che porti avanti il caso in tribunale
Se non ci fossero le fotografie, verrebbe voglia di non crederci. Tanto è orribile e sconvolgente. Dopo cinque giorni dal suo rapimento, il corpicino senza vita di Harun-ur-Rashid, un bimbo di 6 anni del Bangladesh, è stato ritrovato in una discarica nella zona di Sirajganj, a nord della capitale, Dhaka, senza reni. Si tratta del quindicesimo bambino del villaggio di Tebaria vittima del mercato nero di organi, un’attività fiorente nel Paese, uno dei più poveri dell’Asia.
Dopo che Harun era scomparso, il padre aveva contattato le autorità che nel giro di qualche ora hanno arrestato un uomo. Questo ha detto alla polizia che Harun era stato drogato prima di essere portato sotto un ponte dove tre uomini arrivati da Dhaka lo avevano immediatamente operato e quindi soppresso come un animale in fase terminale. Peccato che Harun stava benissimo, nonostante i suoi genitori siano poveri. Ed è proprio per questo che è stato ucciso. I cosiddetti “intermediari” vanno a caccia di bambini sani nei villaggi più poveri, perché sanno che i genitori non sono in grado di pagare un avvocato che porti avanti il caso in tribunale.
Altri 14 bambini sono stati uccisi durante l’anno e anche per questi casi non ci sono accusati. La corruzione delle forze dell’ordine e la totale mancanza di indipendenza della magistratura ne sono le cause principali. “È una situazione molto pericolosa perché i rapitori sanno che non verranno puniti: basta corrompere poliziotti, giudici e sindacati” sottolinea Kulshed Alom, membro di un istituto di ricerca sugli abusi alimentati dalla corruzione, il norvegese U4 anticorruzione. “L’impunità ha permesso al mercato nero di organi umani di svilupparsi velocemente qui – dice Monir Uzzaman, un professore di antropologia presso la Michigan State University, che ha trascorso gli ultimi 12 anni a fare ricerche sullo sfruttamento dei poveri del Bangladesh -. Se ci fosse una sincera preoccupazione da parte del governo vedremmo qualche azione, ma non abbiamo visto niente. La legge non viene applicata”. Nell’agosto 2011 le rivelazioni circa un racket illegale di espianti e vendita di organi nel distretto Joypurhat, vicino al confine indiano, hanno costretto la polizia a indagare e la procura ha aperto le indagini ma i mediatori arrestati sono stati subito rilasciati in libertà vigilata e sono tornati nelle loro aree a fare quello che già facevano.
Per quanto riguarda la vendita volontaria di organi, punibile per legge, la cosa sconcertante è che le operazioni, che in genere vengono effettuate in India, sono organizzate dai sindacati.