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 2014  dicembre 31 Mercoledì calendario

Il programma politico di Tsipras prevede la rinegoziazione del debito pubblico con i creditori internazionali. Si parla di 330 miliardi e più del 70% è nelle mani della Ue e del Fmi. In caso di vittoria di Syriza ci sarà un dossier delicato sul tavolo della Bce e della Troika

 La sfida di Syriza, la coalizione di sinistra greca data in testa nei sondaggi in vista del voto politico del 25 gennaio, si può riassumere in tre problemi: il debito, gli armatori navali e le cliniche sociali. Sembra un gioco di società ma la complessità della situazione – la Grecia ha il rapporto debito/Pil al 177%, la disoccupazione sfiora il 30% e la spesa pubblica è scesa del 25% in pochi anni – produce anche questi intrecci.
Alexis Tsipras è il leader di un partito finito sotto i riflettori. La sua proposta di rinegoziare il debito con i creditori internazionali – sull’esempio di quanto fatto con la Germania nel 1952 – diventerà, in caso di vittoria alle elezioni, un dossier delicato sul tavolo della Bce e della Troika che oggi controlla il paese. Il debito ammonta infatti a circa 330 miliardi e più del 70% è nelle mani della Ue (60%) e del Fmi (12%). Come concedere una rinegoziazione senza veder replicare la richiesta da parte di altri governi? Di questo, gli emissari di Syriza hanno discusso con l’alta finanza londinese ma anche con il governo tedesco. Ma il punto non potrà essere aggirato: è al primo punto del programma politico di Syriza ed è stato ribadito più volte dal suo leader nei vari viaggi in Europa.
Il programma che “si aggira per l’Europa” come lo spettro marxiano prevede poi una dura lotta fiscale con l’innalzamento delle aliquote per i redditi più alti, la gratuità delle prestazioni sociali – circa 3 milioni di greci non hanno più accesso alla sanità – il ripristino del salario minimo. Da questo punto di vista, per usare un altro paradosso, il problema principale sarà con gli “armatori navali”, la potente espressione del capitalismo ellenico. La marina mercantile greca è la quinta al mondo, gli armatori sono detentori di enormi privilegi fiscali che Tsipras ha già detto di voler abolire. Esemplificano con chiarezza il livello di scontro politico che un eventuale governo della sinistra dovrà saper gestire.
Eppure, nonostante queste premesse, Syriza si sta preparando a rassicurare i suoi interlocutori. Se al suo interno esiste una “corrente di sinistra” (35% all’ultimo congresso) che propugna soluzioni molto radicali, rappresentata da Panagiotis Lafazanis, uno dei due portavoce parlamentari, il volto europeo è invece rappresentato dal vicepresidente del Parlamento europeo, Dimitris Papadimoulis realista e pragmatico che lavora per riformare i trattati Ue, rivedere il funzionamento della Bce in particolare nel finanziamento degli investimenti statali nell’economia. Alexis Tsipras dovrà gestire queste due tensioni: la pressione dell’establishment europeo e la domanda di cambiamento e di “sollievo” sociale che proviene dal profondo della Grecia. Una domanda a cui Syriza ha risposto finora rispolverando, come alla fine dell’800, soluzioni di “mutuo soccorso”. Come le cliniche di volontariato sociale o le mense autogestite in grado di dare un primo supporto a tutti quelli scacciati dall’assistenza sociale e sanitaria.
Questo lato dell’attività politica aiuta a spiegare il successo di una formazione che con il suo balzo elettorale è riuscita a svuotare il partito storico del socialismo greco, il Pasok, che in quattro anni è passato dal 43% al 6% – e incorporandone, qua e là, anche alcuni esponenti – attirando su di sé enormi aspettative che dovranno però fare i conti con il risultato elettorale. Con il 28% dei sondaggi Syriza non avrà la maggioranza parlamentare e quindi dovrà pensare a una alleanza. Difficile possa avvenire con i comunisti del Kke (5% circa) che hanno un atteggiamento ultra settario. Più probabile un allargamento alla Sinistra democratica, piccola formazione collocata tra Syriza e il Pasok. Quello che però Tsipras dovrà assolutamente evitare è di rappresentare una “parentesi di sinistra” momentanea. In caso di suo fallimento, la Grecia cadrebbe in mani ignote e, visto il suo passato, molto più preoccupanti.