Libero, 31 dicembre 2014
L’Italia balneare del 1959 raccontata da Pier Paolo Pasolini. Raccolti in un volume gli articoli dell’artista affascinato dal Sud popolare e un po’ barbarico. Un diario di viaggio sul boom italiano e non solo
Silenzioso, goffo e imbarazzato dinanzi agli scoppi di piccola e superba mondanità, osserva e ascolta. Soprattutto: le parole lo affascinano, come i gesti e le abitudini locali. Nei suoi appunti di viaggio è spesso sarcastico, anche con se stesso. Sorride alle sciocchezze, le riporta su carta, mostrandosi severo e compassionevole insieme. E annota frammenti paesaggistici. Fino a oggi parzialmente inedita, questa raccolta diaristica di Pier Paolo Pasolini è l’insieme degli articoli che mandò al periodico Successo e donati da sua cugina Graziella Chiercossi al fotografo, Philippe Séclier. Il quale li ha raccolti, alternandoli con sue istantanee e copie delle pagine scritte a mano dal poeta-regista. Ora il testo è in libreria per iniziativa dell’editrice Contrasto (pp. 198, euro 24,90) col titolo La lunga strada di sabbia.
Una sorta di «sabbbia dantesca», dirà l’autore. Documento prezioso per conoscere l’Italia balneare del 1959, anno in cui PPP partì al volante della sua Fiat 1100. È un uomo a volte felice come un «guappo», a volte tormentato, che afferma di non essere «un nostalgico rinunciatario». Vuole andare al Sud, a vangare nell’ingenuità popolaresca, dai tratti un po’ barbarici. È ammaliato dalla Sicilia che non s’arrende all’omologazione. A Pachino scrive: «Qui la gente è tutta fuori, ed è la più bella gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte, dolce». Vorrebbe vivere lì. Ma da vagabondo volubile lo ripete anche a Livorno. Nel Meridione si trova spesso solo, disobbediente al “coprifuoco” di certi borghi avvolti nel buio Ma è condizione migliore rispetto al disagio trovato nel Casinò di Sanremo, dove si fa «piccolo sotto gli sguardi monumentali dei custodi». Gioca poco, perché obbligato. E perde.