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 2014  dicembre 31 Mercoledì calendario

I mercati non sembrano per ora preoccupati più di tanto della crisi politica della Grecia. Soprattutto perché l’Europa ha predisposto tutta una serie di strumenti come il Fondo salva-Stati, meccanismi di aiuto finanziario e riserve pronte all’uso, di cui prima del 2009 era del tutto priva, al punto che era stata costretta a chiedere aiuto all’Fmi di Washington e formare così la famosa troika degli “uomini in nero”

Il premier Antonis Samaras accusa la sinistra radicale di Syriza di voler portare fuori dall’Europa il Paese mediterraneo e di voler riaccendere la miccia del rischio contagio nell’Eurozona. È così? La questione del voto anticipato in Grecia si innesta ancora una volta con quella europea e potrebbe ricreare un elemento di turbativa dei mercati sempre a caccia di pretesti per speculare sui differenziali di rendimenti dei bond sovrani dell’Eurozona. Intanto da Atene giungono voci di prime prove di intesa tra Syriza e Berlino. I nuovi equilibri in Europa iniziano le prove generali ad Atene.
I mercati, tolta la reazione a caldo, non sembrano per ora preoccupati più di tanto delle vicende greche. Vero è che, oggi, l’Europa ha predisposto tutta una serie di strumenti come il Fondo salva-Stati, meccanismi di aiuto finanziario e riserve pronte all’uso, di cui prima del 2009 era del tutto priva, al punto che era stata costretta a chiedere aiuto all’Fmi di Washington e formare così la famosa troika degli “uomini in nero”, come vengono chiamati ad Atene i tre esponenti di Ue, Fmi e Bce. Troika con cui Syriza vuole appunto confrontarsi e rimandare al mittente una serie di richieste risultate in passato spesso poco efficaci.
La troika ha chiesto e ottenuto in quattro anni il varo e l’applicazione di oltre 800 provvedimenti in Grecia, spesso, per stessa ammissione del Fondo, puntando troppo sull’aumento del prelievo fiscale invece che sul fronte della riduzione delle spese inutili. Un errore che ha contribuito a deprimere fortemente l’economia, oltre allo svarione, anch’esso ammesso dal capo economista dell’Fmi, Blanchard, sugli effetti recessivi del famoso moltiplicatore risultato errato per difetto. Insomma i tagli alle spese pubbliche e ai salari hanno colpito molto più il tenore di vita dei greci di quanto i tecnici della troika si aspettavano. Una brutta pagina che pesa come un macigno nei rapporti tra Atene e i creditori.
Nonostante queste incomprensioni c’è un altro elemento di ottimismo, che fa dire che questa volta è diverso: ed è il fatto che i mercati considerano Syriza molto meno radicale di quanto si temesse all’inizio, viste le dichiarazioni del leader Alexis Tsipras di voler evitare qualsiasi uscita dall’euro o di provocare azioni unilaterali sul pagamento del debito.
Queste considerazioni sono reali sebbene non vada dimenticato che a mancare tra i contraenti è la fiducia, un elemento che potrebbe riservare sorprese negative. Se come dicono ad Atene gli esponenti di Syriza, far votare il popolo non è mai un rischio perché è l’essenza stessa della democrazia, promettere la fine dei sacrifici senza avere le risorse necessarie si rischia di sconfinare nel populismo. Una linea sottile che Atene potrebbe rischiare di passare sotto la pressione dei falchi nordici del rigore. E allora il vaso di Pandora potrebbe riaprirsi.