La Stampa, 31 dicembre 2014
Tutti i grandi personaggi che ci hanno salutato in questo 2014. Robin William, John Keating, Philip Seymour Hoffman, Virna Lisi, Arnoldo Foà...
Le scomparse del 2014 presentano, in maniera particolare, un tratto allegorico o simbolico. E l’addio alle persone si rivela così, in certo qual modo, anche il commiato da una serie di tendenze (e segni del tempo) che esse hanno incarnato. Cosa che vale specialmente per chi fa l’attore (o l’attrice) e risulta inimitabile nell’indossare maschere che si sovrappongono alla sua autentica (e non di rado sofferta) identità, per diventare, pirandellianamente, uno, nessuno e centomila.
Si pensi a Robin Williams (1951), con il quale se ne vanno il «fanciullino» e il Peter Pan che, volenti o nolenti, sono conficcati dentro ciascuno di noi, nonché il «bambino goloso» di cui ha scritto Walter Benjamin in un suo testo sull’immaginario infantile. Ci abbandona così il Prof. John Keating, che ricorderemo sempre in piedi sulla cattedra ne «L’attimo fuggente», manifesto della creatività e della pedagogia antiautoritaria che non gode più (ahinoi…) di grande fama (mentre di maestri, quelli giusti, abbiamo tuttora bisogno come del pane).
E con quell’uomo tormentato ci lascia, quindi, uno dei più potenti inni alla vitalità che si siano mai visti, film dopo film, sul grande schermo. Tanto diverso (ma, chissà, forse solo all’apparenza e nei ruoli) da Philip Seymour Hoffman (1967), il quale, nella sua fulmineax e intensa carriera, ha inanellato una notevole sequela di personaggi dark e cattivi, o ambigui (da Truman Capote al guru della setta ispirata a Scientology, fino al protagonista del disturbante «Synecdoche New York»); per tanti versi, l’idealtipo dell’artista maledetto, che possiede come noto una lunga storia.
Vessillo di una stagione, e di una città, piene di spiriti vitalistici e creativi è stato anche Roberto Freak Antoni (1954), campione del rock demenziale (anche se l’etichetta magari è un po’ riduttiva), ed esponente di un’esistenza vissuta spericolatamente e all’eccesso, come quella che andava per la maggiore nella Bologna del ’77 in cui nacquero gli Skiantos. E l’addio, in questo caso, è al combinato disposto di un’epoca felsinea che non tornerà più, nel male della politica come nel bene dell’invenzione di svariati linguaggi della comunicazione, e a una versione nostrana del musicista maudit.
Letteralmente agli antipodi, si direbbe, di Arnoldo Foà (1916), talento grande e multiforme, e vessillo di un modo di fare l’attore teatrale (e il doppiatore) molto novecentesco, e di Virna Lisi (1936), signora borghese iper-glam del nostro cinema. Un esponente centrale della musica del Secolo breve dal quale abbiamo preso congedo nel 2014 è Lorin Maazel(1930), prototipo del direttore d’orchestra «prometeico», una figura che si va via via diradando.
Di un Novecento alternativo, mix di nichilismo e misticismo, con una spruzzata di citazionismo postmoderno, è stato bandiera il filosofo Manlio Sgalambro(1924), conosciuto soprattutto come affiatato paroliere di Franco Battiato (e autore pure per Patty Pravo, Alice e Carmen Consoli).
L’anno che trapassa ci costringe anche a salutare Shirley Temple (1928), la bambina prodigio per antonomasia e, su lidi differenti, Aïché Nanà (1936), emblema della trasgressione ai tempi della Dolce vita romana, oltre ai registi Alain Resnais (1922) e Carlo Mazzacurati(1956).
E se lui ci lascia, la sua creatura invece sta decisamente in salute e vive prospera: stiamo parlando di Ralph Baer (1922), uno dei padri dei videogame (sua la prima console domestica). Così come, in mezzo a tanti tristi necrologi e obituaries, vogliamo celebrare la longevità di un old medium in verità tutto nuovo: i novant’anni della radio.