La Stampa, 31 dicembre 2014
Il corteggiamento, un’arte scomparsa. Nessuno sa più fare i complimenti. L’amore romantico è stato deprezzato e le galanterie sono svanite
L’arte del corteggiamento si è estinta. Nessuno, o quasi, è più capace di fare un complimento. L’amore romantico è stato deprezzato e le galanterie sono svanite. La diagnosi di E.S. Turner, saggista britannico, è spietata e moderna, nonostante la sua «Storia del corteggiamento» (appena tradotta da Ultra) abbia avuto la prima edizione nel 1954, quando rose, cioccolatini e frasi gentili erano ancora un obbligo sociale.
Raccontando le varie pratiche nei secoli, dall’età della pietra («matrimonio per cattura») ai furori del Romanticismo, spiega come il corteggiamento sia legato alla biologia e quindi al bisogno di felicità dei cinque i sensi.
Anche se lo trascuriamo, non possiamo farne a meno. Perciò è essenziale riscoprirlo. Partire dalla gentilezza per arrivare alla passione: un pic-nic, un invito a ballare, un fiore scelto con cura, un invito a cena non per stupire, ma per farsi conoscere (non è un caso che gli chef siano così seducenti). Fare qualcosa «per lei» (o per lui). «Il corteggiamento è un atto di coraggio che contiene il rischio del ridicolo, in quanto prevede un gesto folle, un’azione poetica», ammette Fabio Volo, che racconta spesso timide storie d’amore.
Ma, se non riusciamo a parlare, figuriamoci a scrivere. Lì si deve ricominciare da zero. Nel XVIII secolo c’erano manuali di lettere-modello per tutti: da un ricco innamorato a una fanciulla senza dote, dal gentiluomo intraprendente a una signora intravista a teatro (che scandalo!). Il giorno di San Valentino, poi, prevedeva bigliettini ad hoc. Eccone uno (1820), che proviene, com’è ovvio, dalla corporazione dei fornai: «Oh, la tua dolce carne è soffice come pasta, ed io ti impasterò ben presto, lo so».
Siti e consigli
Oggi un’infinità di siti regala frasi tenere da mandare via sms o per email, ma chiunque abbia buonsenso le sconsiglia: è troppo facile capire che avete copiato! Piuttosto, accettate il consiglio di Nelil Strauss, autore del discusso «The Game»: «Comprate tre libri di poesie, “Moi e toi” di Paul Geraldy, “Il letto della straniera” di Darvish Mahmud e “Poesie e Canzoni” di Leonard Cohen. C’è tutto quello che vi serve».
Non sottovalutiamo, poi, il ballo. Basta pensare all’invenzione del valzer. Nel 1813 Lord Byron l’aveva descritto come una danza «che risveglia il desiderio» e non si sbagliava. Proprio per questo, oggi, è cominciata una rieducazione ai balli di coppia, specialmente il tango. Quanto al linguaggio dei fiori, è da recuperare. «Vi stimo, ma non vi amo», si annunciava un tempo con i ranuncoli, mentre «Desidero che il mio affetto sia ricambiato» era il messaggio affidato alle giunchiglie. Ora è impossibile tornare a un simile livello di erudizione, ma – avvertiva già Francis Scott Fitzgerald – con le rose raramente si sbaglia.
Poi con gli Anni 50 le ragazze salgono in moto con i fidanzati e lavorano, il che rende il corteggiamento facile e rapido. Scambiarsi una sigaretta o chiedere che la propria venga accesa (famosa la battuta «Ha del fuoco?», rivolta da Lauren Bacall ad Humphrey Bogart) diventa un atto di intimità. Anzi, una teoria sostiene che molte ragazze abbiano imparato a fumare per attirare l’attenzione degli uomini. Hollywood detta le regole del flirt, sdogana l’abbordaggio. Costruisce un linguaggio per scherzare, litigare, fare la pace. «Sono stati i film a insegnare alle teenager a chiudere gli occhi quando vengono baciate, mentre si credeva che fosse un atto istintivo», chiarisce Turner. E adesso?
L’anello
Sono comparse «cougar» e corteggiatrici («Uomini e Donne», lo show di Maria De Filippi è diventato quasi una Bibbia) e la domanda di matrimonio è antiromantica («Che dici, ci sposiamo?», «Guardo l’agenda»). Hollywood, però, su un rito non transige: lui deve offrire un anello, in ginocchio, anche se la coppia convive da anni. Lei «deve» essere commossa e sorpresa.
Turner invoca (potremmo dargli torto?) «un nuovo codice del corteggiamento». Sempre più necessario. E mette il dito nella piaga: «I ragazzi hanno molte occasioni di incontrarsi e poche di conoscersi». E non aveva previsto Facebook.