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 2014  dicembre 31 Mercoledì calendario

Quegli stranissimi divieti cinesi. Il 2014 ha dato un gran da fare ai censori di Xi Jinping. Il regime di Pechino ha messo al bando barbe, zombie, ma anche Babbo Natale e il proprio inno nazionale

Anche l’anno che si conclude oggi ha tenuto indaffarati i censori cinesi. Nel 2014 Pechino è riuscita a mettere al bando, fra le altre cose, gli edifici «stravaganti», l’arte «senza caratteristiche socialiste» e il proprio inno nazionale (quest’ultimo non può più essere cantato ai matrimoni o ai funerali, e per recitare le sue strofe bisogna essere «vestiti bene» e stare «in piedi e in posizione dignitosa». Ma è anche proibito cantarlo solo in parte, o storpiandone le parole).
Gli uiguri nel mirino
I censori cinesi si sono occupati anche delle barbe degli uiguri (la popolazione turcofona e musulmana dello Xinjiang, regione autonoma dell’Ovest) stabilendo che queste – così come i veli o i fazzoletti sul capo delle donne – non possono essere ammesse sugli autobus o su altri mezzi pubblici, e che vanno scoraggiate in ogni circostanza (tra gli uiguri circola una barzelletta che dice: «Come mai Babbo Natale non viene nello Xinjiang? Perché la sua barba è fuori legge!»). Ma per il popolo dello Xinjiang è stato dichiarato illegale anche il ramadan, così che lavoratori pubblici e studenti hanno dovuto astenersi dal celebrarlo.
Misure anti-cristiani
In ogni caso, non è stato preso di mira solo l’Islam: in diverse scuole, per esempio, è stato proibito celebrare il Natale (perché lo spirito cinese – dicono i censori – viene fiaccato dalle feste occidentali). A dicembre una foto del presidente Xi Jinping seduto accanto a un Babbo Natale finlandese – scattata nel corso di una visita in Lapponia nel 2010 – è stata fatta sparire dal Web. E a Wenzhou, una città nel Sud-Est della Cina con moltissimi cristiani, sono state proibite le croci «troppo grosse» sui tetti delle chiese (ma la distruzione delle chiese è andata avanti tutto l’anno anche quando queste avevano croci molto piccole).
La stretta contro il cinema
Per i registi, poi, quello che è permesso è sempre meno, il che spiega come mai ogni sera la tv cinese proponga infinite serie sulla guerra contro il Giappone: quasi tutto il resto è off-limits. Quindi, niente film con zombie, prostitute, suicidi, o coppie adultere (bandita anche la sitcom Usa «Big Bang Theory»). Questi divieti si aggiungono alla censura precedente, che aveva già escluso viaggi nel tempo, «superstizioni feudali» e alieni.
I divieti sul Web
Tuttavia, la maggior parte delle proibizioni riguarda Internet: proprio questa settimana la Cina ha vietato le email che arrivano tramite il servizio di Google Gmail. Non solo: anche le email che provengono dall’Università di Hong Kong sono state proibite, dal momento che questo è l’ateneo che più ha partecipato alle manifestazioni pro-democrazia. Guai anche per gli ombrelli, diventati il simbolo della protesta: i viaggiatori che da Hong Kong si recano a Pechino devono dichiarare all’immigrazione di non averli con sé.
A novembre, infine, una direttiva inviata ai media ha messo al bando i giochi di parole – ai quali la lingua cinese, tonale, si presta bene – dichiarando che il cinese deve essere utilizzato in modo «regolare e accurato», senza uso eccessivo di nuove parole (spesso usate per ironie politiche).