La Stampa, 31 dicembre 2014
Dove sono finiti gli sconfitti del 2014? Giancarlo Galan da Montecitorio ai domiciliari, Guido Crosetto è tornato a fare l’imprenditore e per sentir parlare di Enrico Letta bisogna andare all’università
Il 2014 se ne va, anno rottamatore. Certo, viene subito in mente Matteo Renzi e il suo rottamato più celebre, Enrico Letta, che dodici mesi fa dominava da Palazzo Chigi, sovrastato da quell’epitaffio che era l’hashtag del nuovo segretario: #EnricoStaiSereno. È fuggito lasciando la campanella al successore, durante la cerimonia del passaggio di consegne, e non lo si è più visto. Per avere sue notizie bisogna affacciarsi su ambienti accademici, dove il giovane Letta tiene dissertazioni sugli effetti dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue e sull’attualità del pensiero di Benigno Zaccagnini. Nel frattempo il resto del partito, forse per senso di colpa, gli cerca occupazioni. Potrebbe essere mister Pesc, dicono. Potrebbe persino essere il nuovo presidente della Repubblica, aggiungono, obbligando il povero interessato all’inatteso rifiuto: per essere eletti bisogna avere cinquant’anni, io e no ho quarantotto, spiega su twitter.
Ecco, twitter è un buon rifugio per questi eroi su cui il sole è tramontato. L’ex ministro del Lavoro, il fumantino Flavio Zanonato, adesso europarlamentare, propone ai follower video di Stevie Wonder, di Maria Callas, dei Queen, del clavicembalo ben temperato di J. S. Bach. Ma la scomparsa più irrimediabile è quella di Annamaria Cancellieri, destinataria di un bel gruzzolo di voti prima che il Parlamento cedesse e supplicasse Napolitano di restare in carica. «Bisognava indebolire il governo Letta e io sono stata usata per uno scopo preciso», ha detto in un’intervista al Corriere, prima di oscurarsi portando con sé tutte le accuse per i contatti con i Ligresti indagati, lei che era ministro della Giustizia. In fondo, visto che quello era un esecutivo fondato sulla sinistra e spazzato via da sinistra, nemmeno tanta roba. C’è Emma Bonino che va e viene, secondo i sondaggi di gradimento che la vedono piazzatissima a ogni occasione, anche per la presidenza della Repubblica, e secondo il fastidio con cui viene poi scansata.
Ecco, si diceva, viene subito in mente Renzi, ma la rottamazione più efficace, forse perché ampiamente involontaria, si è applicata dentro Forza Italia. Giusto un anno fa, Giancarlo Galan predicava il ritorno allo spirito del ’94, data di fondazione del partito. Nel frattempo è stato arrestato, ricoverato, condannato (dopo patteggiamento), sbertucciato dai compaesani di Cinto Euganeo che sfilano attorno alla villa in cui è in detenzione domiciliare innalzando canne da pesca con banconote infilate sull’amo; si sono riavuti cenni di Galan quando, potando gli alberi del giardino, si è preso un ramo in testa ed è dovuto tornare in ospedale. Meno accidentato è l’autunno di Sandro Bondi, che studia testi politici nella casa di campagna, e che lasciò al culmine dell’esasperazione con un’intervista alla Stampa in cui dichiarava il fallimento del centrodestra italiano e la necessità di affidarsi a Renzi. Si imbestialirono tutti. Tranne uno, Claudio Scajola: «Sandro Bondi ha ragione. Non c’è più nemmeno solidarietà personale, il collante minimo per una classe dirigente». Stava piombando addosso anche a lui la disgrazia giudiziaria, per cui oggi è un reietto, cancellato dalle foto al metodo di Lenin. Meno male che ci restano due righe per l’unico che se n’è andato con le sue gambe, Guido Crosetto, liberale finito dalle parte di Ignazio La Russa: «Addio, mi sono scocciato, torno a fare l’imprenditore», disse un giorno. E lo fece.