La Stampa, 31 dicembre 2014
Norman Atlantic, all’appello mancano ancora 179 persone. Il bilancio dei morti sale a undici oltre a due marinai albanesi impegnati nei soccorsi. Ma i conti ancora non tornano
L’allarme delle famiglie era più che giustificato: ci sono tre italiani tra le vittime del disastro del Norman Atlantic. Tre camionisti, amici per la pelle, tutti dipendenti della società Eurofish, con sede a Napoli, che rientravano dalla Grecia con camion frigoriferi carichi di anguille. Sono caduti in mare dopo essere saliti sulle scialuppe e il freddo è stato letale. Carmine Balzano, 55 anni, i cui parenti si aggrappano ancora alla speranza in un errore, alle 5 del mattino è persino riuscito a telefonare alla moglie: «Sono sulla scialuppa di salvataggio». Era convinto di essere salvo. Invece era una vana speranza. Con lui sono morti i colleghi Giovanni Rinaldi, 34 anni, e Michele Liccardo, 32 anni. Ma non sono l’ultimo tributo di sangue alla Norman Atlantic: ieri sono morti due marinai albanesi di un rimorchiatore che aveva agganciato nella notte il relitto e lo stava trainando in mare aperto. Il cavo si è spezzato e li ha falciati.
Conteggi diversi
Sono saliti a 11, intanto, i cadaveri recuperati: l’ultimo è stato trovato in mare nel corso di una perlustrazione effettuata da un elicottero militare. Considerando quindi i tre autostrasportatori italiani, altre due vittime identificate come cittadini greci, restano sei cadaveri a cui dare un nome. Non sarà facile. È un giallo, infatti, il numero dei dispersi. Alla procura di Bari, dove ora si procede per naufragio e omicidio colposo, risulta che sono almeno 179 le persone che mancano all’appello. Il che non significa, però, che siano così tanti i dispersi.
«A partire dal numero totale degli imbarcati, – spiegava ieri mattina il procuratore capo Giuseppe Volpe – detraendo il numero dei morti accertati e delle persone salvate, che sono 214 solo su nave San Giorgio, più quelli finora sbarcati in Puglia, insomma sulla base di questi conteggi resterebbero 179 persone di cui non conosciamo la sorte. Ma tra questi, moltissimi, e noi speriamo quasi tutti, sono imbarcati su mercantili che hanno prestato soccorso e ora sono diretti in Grecia».
I conti non tornano. C’è una prima discrepanza sui salvataggi: secondo la Guardia Costiera erano stati recuperati in 427, secondo la procura sono 310. Ma come s’è visto i magistrati non conteggiano quelli imbarcati sulle motonavi civili.
Difformità anche sui numeri di partenza degli imbarcati. Alla Guardia costiera risultavano 478 persone tra equipaggio e passeggeri. La procura, invece, oltre ai 478 della lista prenotazioni, aggiunge almeno 3 immigrati illegali (due afghani e un siriano, uno dei quali ha già chiesto asilo politico) e un overbooking di 18 persone. «In totale – dice ancora il procuratore – secondo una prima stima approssimativa, le persone imbarcate erano 499. E non escludo che vi potessero essere stati altri clandestini a bordo della nave».
I prossimi passi
Il giorno dopo l’euforia per l’opera di salvataggio a cura dei militari italiani, insomma, è subentrato un senso di sgomento. Matteo Renzi può legittimamente elogiare i soccorritori «altrimenti sarebbe stata un’ecatombe». Ma dovrebbero essere ben 40 i dispersi (32 i greci) da sommare agli 11 cadaveri finora recuperati.
Spetta ora all’inchiesta della magistratura fissare il numero e i nomi dei dispersi, ma anche accertare come s’è sviluppato l’incendio. Il magistrato vuole capire com’è stato possibile che nel garage si sia sviluppato un rogo tanto devastante a dispetto di tutte le misure passive e attive, e poi perché l’allarme non è stato dato tempestivamente (come segnalato da molti naufraghi), infine perché i passeggeri siano rimasti in balia di loro stessi, e perché tante scialuppe si siano dimostrate inservibili. A tale scopo sono stati sequestrati i cellulari dei naufraghi, per estrarre foto e video.