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 2014  dicembre 30 Martedì calendario

Il mercato invernale? Molto fumo e pochissimo arrosto. Ci sono squadre di Serie A che vogliono stravolgere tutto e altre che non toccano nulla. Ma non è forse che il gioco delle figurine serve solo ad alzare la posta?

Si spera che tutto il can can preventivo per la sessione invernale del calciomercato sia essenzialmente una questione mediatica. E cioè che l’indotto funzioni egregiamente a riempire i buchi del calcio giocato. Sul bancone delle merci arrivano notizie di ogni genere in quantità e qualità effervescenti: hanno cominciato Milan e Atletico di Madrid, ex campioni e vicecampioni d’Europa, a scambiarsi il niño Torres e l’Henry di Valmontone, Cerci. Un anno e mezzo di prestito reciproco. Ma intorno a tutte o quasi le squadre italiane c’è un ambaradam di voci su calciatori in entrata e in uscita. Normale, direte voi. Divertente, ma anormale e illogico direi io. Francamente in molti casi o si evidenzia così un mercato estivo semifallimentare, che si vuole stravolgere fin dove si può, oppure non si spiega questa vocazione a cambiare troppo spesso come si trattasse di un album di figurine, e non di “persone” alla latina, di maschere drammaturgiche da campo che hanno bisogno di acclimatarsi, di vivere decentemente la loro stagione esistenziale, di trovare in campo un posto che sia loro congeniale, in modo tale che non considerino il contratto un capestro da cui estrarre solo il vil denaro sia pure in ingenti quantità. Lo so: poiché tutto è ormai solo ed esclusivamente una faccenda economica, il tourbillon dei giocatori, ufficialmente nei due orefizi in calendario, il finestrone estivo e la bifora di gennaio, ufficiosamente per tutto l’anno, può far pensare ai guadagni dei procuratori: più i calciatori si muovono, più speculano i loro agenti, naturalmente augurandoci che procuratori e dirigenti di club siano due attori diversi con diverse parti in commedia, e non la stessa figura… Ma il dosaggio dei possibili cambiamenti francamente impressiona.
Juventus e Roma puntano la prima alla Champions ed entrambe allo scudetto, e si può capire che vadano alla ricerca invernale di un “ritocchino”. E così pare si regolino. Ma quando l’elenco si allunga, per rose di 25 soggetti o di più, beh allora la pesantezza delle campagne precedenti sbagliate si fa lampante.
È in pratica l’applicazione ai calciatori della regola per cui si cambia l’allenatore durante la stagione perché non si possono cambiare in massa i giocatori. Si apre la campagna e vroom, nella galleria del vento è tutto un frusciare di nomi.
Ma ce n’è davvero tutto questo bisogno? Si capisce che per esempio squadre attualmente non bene in arnese, in alto e in basso, come l’Inter e il Parma, sentano la necessità di cambiare. Ma l’Inter ormai stravolge l’identità di squadra da innumerevoli sessioni ovviamente nell’andirivieni di tecnici del dopo Mourinho, quando solitamente è la continuità (vedi la Juve ) con qualche miglioria a fare la fortuna di una squadra. È più comprensibile il Parma, spogliato in mille modi dalle ultime vicende societarie e tecniche, cui conviene (se può) investire adesso anche a futura memoria o a babbo morto per cercare di rimediare quel quart’ultimo posto che significa la conservazione della categoria e dei soldi relativi.
Tra chi compete per un posto nobile o di risulta in Europa pensare a rivolgimenti è più che discutibile. Le genovesi con un paio di giocatori in rosa in più sarebbero a posto, il Milan è già un accrocco riuscito, gli aggiungi Cerci e poi si vede. Ma non altro. Il Napoli si deve rafforzare perché è incerta la guida tecnica, non perché ne abbia questo spasmodico bisogno. E comunque Gabbiadini in luogo di Insigne e un difensore in più dovrebbero bastare e avanzare. Idem per la Lazio che come il Milan non ha distrazioni europee e ne gode in campionato. Forse l’unica di questo gruppo che è ragionevolmente chiamata a fare un po’ di pulizia cambiando l’ordine dei mobili nella stanza, ovvero dei nuovi per Montella, è proprio la Fiorentina che nelle scelte di questi mesi si è vista bocciare clamorosamente da parte del proprio tecnico gli acquisti estivi. La stessa cosa era valsa per i ritocchi invernali di un anno fa, e di due anni fa. Come dire che se non sei sicuro cambiare per cambiare e senza mettere mano al portafoglio è un’emerita insensatezza.
Il tifoso in realtà gode nell’approvare o nel disapprovare, ogni nome più o meno inventato è una scarica di adrenalina che invece i direttori sportivi padroneggiano con sicurezza. Ma il dato di fondo, come ricorda il benemerito Arrigo Sacchi che non era solo callipigio, è come disponi in campo la squadra, di quali automatismi la doti, che tipo di psicologia le infondi ecc. E questo non si misura con il singolo acquisto e neppure con una truppa di nuovi soldatini. È un lavoro nel tempo, in cui vale la continuità del manico che invece troppo spesso da noi salta come un qualunque fusibile nel noto cortocircuito. Per esempio mi pare si sia ben disposto sulla panchina del Cagliari Gianfranco Zola, splendido giocatorino alias “magic box” per le prodezze oltre Manica, nel Chelsea, partendo dall’idea di mantenere il gioco di Zeman che – detto e ripetuto – personalmente avrei conservato con cura, garantendogli piuttosto tre o quattro giovani dalla B, modello Empoli o Sassuolo. I cicli vanno aspettati, a volte ci vuole più tempo a volte come con il primo Montella e Garcia c’è una specie di sfrigolamento della lampada per cui vengono esauditi subito i desideri. Il resto è indotto. Indotto in tentazione dagli addetti. Buon Anno.